Revisione del giudicato
AltalexPedia, voce agg. al 28/04/2012
Categoria: Procedura Penale
Revisione del giudicato
di Ivan Borasi
La revisione è il mezzo di impugnazione straordinario, disciplinato agli artt. 629 e ss. c.p.p. (una forma particolare di revisione è prevista all'art. 16 septies della legge n. 45 del 2001, in tema di collaboratori di giustizia), con cui si può incidere sull'irrevocabilità del giudicato penale(per un approfondimento dell'istituto, anche in ordine ai riferimenti bibliografici ivi contenuti, si vedano GIALUZ, MARCHETTI, SANTALUCIA, PRESUTTI, SPANGHER).
Il presupposto per poter trattare dell'istituto della revisione del giudicato penale è qualificare quest'ultimo. Di giudicato penale (per un approfondimento dell'istituto de quo si veda LUCARELLI) suscettibile di revisione si deve parlare in relazione alla sentenza di condanna, di applicazione pena (ipotesi inserita espressamente dall'art. 3 legge n. 134 del 2003, e in passato già esclusa in via interpetrativa da Cass. Pen., SS. UU., sentenza n. 6/1998) o al decreto penale di condanna, non più impugnabili con mezzo ordinario (diverso dal concetto di giudicatostricto sensu è quello cautelare, non rientrante nell'analisi de qua, e suscettibile di approfondimento in PIERRO).
I soggetti legittimati alla richiesta di revisione sono :
- il condannato;
- un prossimo congiunto ex art. 307 comma 4 c.p. del condannato;
- il tutore del condannato;
- l'erede o il prossimo congiunto del condannato deceduto;
- il Procuratore generale della Corte d'appello nel cui distretto fu pronunciata la sentenza di merito poi passata in giudicato.
In caso di morte del condannato dopo che la richiesta di revisione è già stata presentata, il giudizio è proseguito da un curatore nominato dalla Corte d'appello.
Il giudice competente a decidere è la Corte d'appello individuata sulla base dell'art. 11 c.p.p. rispetto a quella corrispondente al distretto comprendente il giudice che ha emesso la sentenza di merito poi passata in giudicato.
In particolare la tabella di riferimento prevede i seguenti abbinamenti dei distretti: Roma – Perugia; Perugia – Firenze; Firenze – Genova; Genova – Torino; Torino – Milano; Milano – Brescia; Brescia – Venezia; Venezia – Trento; Trento – Trieste; Trieste – Bologna; Bologna – Ancona; Ancona – L'Aquila; L'Aquila – Campobasso; Campobasso – Bari; Bari – Lecce; Lecce – Potenza; Potenza – Catanzaro; Cagliari – Roma; Palermo – Caltanissetta; Caltanissetta – Catania; Catania – Messina; Messina – Reggio C.; Reggio C. - Catanzaro; Catanzaro – Salerno.
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La richiesta di revisione è proposta personalmente o a mezzo di procuratore speciale ex art. 122 c.p.p.
L'istanza deve indicare specificatamente le ragioni e le prove che la giustificano, ed essere presentata unitamente ad eventuali atti e documenti.
La revisione può essere richiesta esclusivamente:
a) se i fatti stabiliti a fondamento della sentenza o del decreto penale di condanna non possono conciliarsi con quelli stabiliti in un'altra sentenza penale irrevocabile del giudice ordinario o di un giudice speciale.
Non può farsi rientrare nella nozione di altra sentenza penale irrevocabile la sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p. ( Cfr. Cass. Pen., sez. VI, sentenza n. 29275/2010).
Non è presupposto di revisione la diversa interpretazione della norma penale in altra pronuncia dovuta a revirement giurisprudenziale (Cfr. Cass. Pen., sez. V, sentenza n. 19586/2010).
L'inconciliabilità de qua non deve essere intesa come contraddittorietà logica tra le valutazioni delle decisioni in raffronto, bensì quale oggettiva incompatibilità tra i fatti fondanti le predette pronunce (Cfr. Cass. Pen., sez. V, sentenza n. 4225/2009).
b) se la sentenza o il decreto penale di condanna hanno ritenuto la sussistenza del reato a carico del condannato in conseguenza di una sentenza del giudice civile o amministrativo, successivamente revocata, che abbia deciso una delle questioni pregiudiziali previste dall'art. 3 c.p.p., ovvero una delle questioni previste dall'art. 479 c.p.p.
E' possibile la revisione in caso di condanna avente come presupposto lostatus di fallito poi venuto meno con pronuncia giudiziale (Cfr. Cass. Pen., SS. UU., sentenza n. 19601/2008).
c) se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma dell'art. 631 c.p.p.
Per prove nuove devono intendersi non solo le prove sopravvenute e quelle scoperte successivamente, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio oppure acquisite, ma non valutate, purché non dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice, e ciò indipendentemente dal fatto che l'omessa conoscenza sia imputabile a comportamento processuale negligente o doloso del condannato (Cfr. Cass. Pen., SS. UU, sentenza n. 624/2002).
Tale ipotesi è applicabile anche per la revisione delle sentenza di condanna emessa in sede di giudizio abbreviato (Cfr. Cass. Pen., sez. III, sentenza n. 22061/2010).
d) se è dimostrato che la condanna venne pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio, o di un altro fatto previsto dalla legge come reato.
E' necessaria una pronuncia passata in giudicato che attesti il reato in contrasto con il giudicato di condanna; il giudice della revisione può accertare in via incidentale tale condizione solamente nel caso in cui, in via principale, ciò non sia stato possibile per una causa estintiva (Cfr. Cass., Sez. V, sent. n. 40169 del 2009).
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 113 del 2011, ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 630 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede un diverso caso di revisione della sentenza o del decreto penale di condanna al fine di conseguire la riapertura del processo, quando ciò sia necessario, ai sensi dell'art. 46, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell'uomo" (per un approfondimento sul punto si veda GRECO).
La richiesta di revisione ex art. 630 lettere a), b), c), d) deve tendere ad ottenere una pronuncia assolutoria ai sensi degli artt. 529, 530, 531 c.p.p., anche nelle ipotesi di ragionevole dubbio ispirate al principio in dubio pro reo (Cfr. Cass. Pen., sez. I, sentenza n. 25678/2004). In caso di patteggiamento il parametro di riferimento deve essere solo il proscioglimento ex art. 129 c.p.p. (Cfr. Cass. Pen., sez. VI, sentenza n. 31374/ 2011).
L'ipotesi di revisione introdotta da C. Cost. sentenza n. 113 del 2011, invece, è teleologicamente orientata alla riapertura del processo penale interno, legata ad unadecisione definitiva della Corte EDU indicante la non equità convenzionale della pronuncia interna, mantenendosi come unico limite per la decisione finale il divieto di reformatio in peius.
Il principio immanente, ricavabile dalle finalità ut supra, è quello delfavor rei, anche nel suo corollario del favor innocentiae, motivo per il quale non è permessa, comunque, una revisione contra reum.
Quando la richiesta di revisione è proposta fuori delle ipotesi previste dagli artt. 629, 630 c.p.p., o senza l'osservanza delle disposizioni previste dagli artt. 631, 632, 633, 641 c.p.p., ovvero risulta manifestamente infondata, la Corte d'appello competente, anche d'ufficio (rectius de plano), dichiara con ordinanza l'inammissibilità.
La valutazione sull'ammissibilità dell'istanza, oltre al profilo dell'osservanza dei presupposti di legge, concerne il giudizio sulla non manifesta infondatezza degli elementi addotti, incidente i caratteri di novità, congruenza e affidabilità degli elementi de quibus (Cfr. Cass. Pen., sez. I, sentenza n. 6186/1996). In puncto non esiste un onere di richiesta di parere preventivo al Procuratore generale da parte della Corte d'appello, ma qualora ciò sia irritualmente acquisito, a pena di nullità deve essere comunicata la risposta al richiedente privato; questo al fine di instaurare un corretto contraddittorio (Cfr. Cass. Pen., SS. UU., sentenza n. 15189/2012).
Nulla esclude l'adozione della declaratoria de qua, per i medesimi motivi, con la sentenza conclusiva del giudizio di revisione, una volta che questo sia stato disposto (Cfr. Cass. Pen., SS. UU., sentenza n. 624/2002).
L'ordinanza d'inammissibilità è notificata al condannato e al richiedente, i quali possono ricorrere per Cassazione. In caso di accoglimento del ricorso, la Corte di cassazione rinvia il giudizio di revisione ad altra Corte d'appello individuata secondo i criteri di cui all'art. 11 c.p.p.
Il soggetto parte civile nel giudizio a quo, prima del nuovo giudizio di revisione non ha veste di parte processuale, venuta meno con il passaggio in giudicato della sentenza, e di conseguenza può contestare l'ammissibilità della relativa richiesta solo dopo introdotta la fase del dibattimento (Cfr. Cass. Pen., SS. UU., sentenza n. 624/2002).
La Corte d'appello richiesta può in qualunque momento disporre, con ordinanza, la sospensione dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza, applicando eventualmente una misura coercitiva cautelare personale diversa dalla carcerazione. In caso di inosservanza della misura, la Corte d'appello revoca la stessa, e ripristina l'esecuzione della pena. I suddetti provvedimenti sono ricorribili per Cassazione.
In caso di rigetto in giudizio della richiesta di revisione, l'eventuale sospensione dell'esecuzione viene meno.
Il giudizio vero e proprio, instaurato a seguito del decreto di citazione del Presidente della Corte d'appello competente, è disciplinato dalle norme relative agli atti preliminari e al dibattimento di primo grado, richiamate in quanto applicabili (per un'ampia disamina in chiave applicativa di tale clausola di compatibilità si veda MARCHETTI); presupposto dell'instaurazione è la non ritenuta inammissibilità della domanda.
La natura del mezzo di impugnazione de quo non consente alla Corte d'appello di esorbitare i limiti di accertamento e assunzione di prove legati alle ragioni della richiesta.
La sentenza è deliberata secondo le disposizioni degli artt. 525, 526, 527, 528 c.p.p. In caso d'accoglimento, abbiamo la revoca del provvedimento oggetto di revisione, con pronuncia di sentenza di proscioglimento, oppure, nel solo caso ex C. Cost. sentenza n. 113 del 2011, alternativamente di proscioglimento, confermativa, o maggiormente favorevole.
La sentenza di revisione è ricorribile per Cassazione.
L'ordinanza d'inammissibilità, o la sentenza che rigetta la richiesta di revisione, non pregiudicano il diritto di presentare ulteriori istanze, purché innovative, ma comportano la condanna al pagamento di sanzioni pecuniarie lato sensu.
La Corte d'appello, in caso di proscioglimento, ordina la restituzione delle somme pagate e dei beni confiscati ex art. 639 c.p.p. Diverso è il procedimento di riparazione dell'errore giudiziario che segue la disciplina di cui agli artt. 643 e ss. c.p.p.
La revisione è un'impugnazione, seppure straordinaria, mentre l'incidente d'esecuzione è teso in senso lato a controllare/modificare l'effetto esecutivo (in tema di rapporto tra giudicato e esecuzione della pena si veda VIGONI) di una pronuncia irrevocabile. Di fronte alla depenalizzazione stricto sensu, alla dichiarazione d'incostituzionalità del reato, o alla disapplicazione comunitaria depenalizzante, lo strumento utilizzabile dal condannato in via definitiva è l'incidente d'esecuzione, da ritenersi, al pari della revisione (Cfr. Cass. Pen., sez. V, sentenza n. 19586/2010), non utilizzabile in ipotesi di overruling giurisprudenzialepro reo, o di modifica legislativa processuale favorevole, in quest'ultimo caso essendo possibile solamente un eventuale vaglio di costituzionalità della disciplina legislativa alla base (si veda sul punto il contrasto giurisprudenziale che ha portato alla valutazione non decisoria delle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione del 19 aprile 2012 nel procedimento R.G. n. 43905 del 2011).
· BORASI, Self executing, disapplicazione comunitaria e abolitio criminis, in Riv. pen., 2011, 7-8, 740 e ss.;
· BORASI, Prospective overruling e processo penale, in www.ilcaso.it, II, 225/2010;
· GIALUZ, sub art. 630, in Codice di procedura penale commentato, a cura di GIARDA-SPANGHER, Milano, 2010, 7608 ss.;
· GRECO, Dialogo tra Corti ed effetti nell’ordinamento interno. Le implicazioni della sentenza della Corte costituzionale del 7 aprile 2011, n. 113, in www.giurcost.org.;
· LUCARELLI, L'istituto del giudicato, Torino, 2006;
· MARCHETTI, La revisione, in Trattato di procedura penale, a cura di SPANGHER, Torino, 2009, 5, 925 e ss.;
· PIERRO, Il giudicato cautelare, Torino, 2000;
· PRESUTTI, sub art. 630, in Commentario breve al codice di procedura penale, a cura di CONSO-GREVI, Padova, 2007, 2132 ss.;
· PRESUTTI, voce Revisione del processo penale, in Enc. giur., Roma, XXXI, 1991;
· SANTALUCIA, sub art. 630, in Codice di procedura penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, a cura di LATTANZI-LUPO, Milano, VII, 2008, 603 e ss.;
· SPANGHER, voce Revisione, in Dig. disc. pen., Torino, XII, 1997, 135 ss.;
· VIGONI, Relatività del giudicato ed esecuzione della pena detentiva, Milano, 2009.
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