Pansa: dai terroristi della Versilia la prima sconfitta di Vladimir Putin
Nessuno se l’aspettava, ma la prima sconfitta di Vladimir Putin, l’onnipotente leader della Federazione russa, ebbe come teatro una località italiana di vacanze. Lontanissima dai territori del mondo dove infuriavano guerre atroci, era la Versilia e in particolare Forte dei Marmi.
Dall’inizio del Duemila, il Forte, e in parte anche Pietrasanta e Viareggio, erano il soggiorno preferito di tanti oligarchi diventati straricchi dopo la dissoluzione dell’Urss. La Versilia non differiva dai quartieri alti di Mosca e di San Pietroburgo. Il commercio del lusso prevaleva in modo sfacciato. Nei negozi assumevano soltanto commesse in grado di parlare il russo. E i più forniti di oro e dollari, tutti amici del presidente Putin, erano insediati nelle ville migliori di Forte dei Marmi.
L’ultima a essere acquistata era stata la storica residenza di un petroliere italiano. Adesso lì ci viveva un magnate di San Pietroburgo, un miliardario con una passione sfrenata per i media. Aveva allestito una stazione tivù collegata a un’emittente moscovita. E aveva promosso la stampa e la diffusione di un quotidiano scritto in cirillico con una testata che in italiano significava «Il Paradiso della Versilia».
I magnati russi si proteggevano con cura maniacale. Le loro dimore erano difese da sofisticati sistemi di allarme. Quando uscivano per andare in spiaggia o per lo struscio serale, procedevano circondati da guardie del corpo armate di mitragliette. Italiani palestrati, di solito ex militari dei reparti speciali. Ma era una precauzione inutile poiché dopo l'arrivo degli oligarchi la criminalità locale era scomparsa.
Al contrario si erano moltiplicate le escort toscane, liguri ed emiliane. In molti casi si trattava di minorenni, di un’eleganza sfrenata e del tutto impudiche. Si presentavano allo struscio con la loro merce in bella vista. In spiaggia erano nude, salvo un microscopico triangolino coperto di perle. E si facevano pagare soltanto in dollari.
Il mercato del sesso era diventato asfissiante. Attirata dai guadagni delle escort, una cosca mafiosa accorsa da Palermo aveva tentato di sfruttare quel commercio e di costringere le ragazze ad accettare dei protettori. Ma questa piaga nella piaga venne subito eliminata dagli oligarchi. Con un sistema infallibile: una serie di omicidi, rimasti impuniti. Capita l’antifona, i pochi mafiosi ancora vivi sloggiarono dal Forte. Si decisero quando venne ritrovato il cadavere di un capo cosca. Rapito da chissà chi, torturato e ucciso con una raffica in faccia.
In poco tempo l'invasione russa si era fatta massiccia e dedita al culto di Putin. Nei negozi di souvenir si vendevano magliette con il volto del presidente russo, magneti con la sua faccia da attaccare al cruscotto delle Mercedes e delle Jaguar corazzate, rotoli di carta igienica con il suo nome stampato in rosso. Ebbe un successo travolgente una matrioska che sotto il pupazzo di Putin celava quelli di Stalin, Mao, Lenin e Berlusconi. Questi eccessi suscitarono la reazione di un gruppo di ragazzi italiani del Forte e di altre località della Versilia. Il loro era un impasto curioso di destra e di sinistra.
Venivano da destra i figli di famiglie missine legate al ricordo del fascismo di Mussolini. Non potevano soffrire l'invasione russa dal momento che, al di là delle apparenze, rimaneva un retaggio del comunismo sovietico. La ribellione dei giovani di sinistra aveva un’origine opposta. I ricconi arrivati da Mosca gli apparivano capitalisti della peggior specie. Colpevoli di aver fatto cadere il regime sovietico, con l'appoggio di traditori come Gorbaciov ed Eltsin.
Sulle prime avevano aderito a Rifondazione comunista, nella speranza che avrebbe rimesso in piedi il glorioso Pci. Ma si erano accorti presto che il partito mirava soltanto a conquistare qualche poltrona in Parlamento. E non avevano esitato a ripudiarlo.
Quando i due gruppi cominciarono a incontrarsi, i ragazzi più acculturati dichiararono subito che anche in Versilia era nato un movimento simile alla formazione creata da un eroe dissidente della Russia di quel tempo, Eduard Limonov. Lui aveva costituito i Nazi-Bol, i nazisti bolscevichi, un insieme di eretici ribelli invisi a Putin e al suo impero. Pure il gruppo toscano decise di adottare quell'insegna. E si preparò alla battaglia.
Nel giugno 2016 le loro azioni furono non violente e di tipo beffardo. Stamparono una finta edizione del «Paradiso della Versilia» con una copertina che riproduceva la prima pagina della «Pravda», il defunto organo ufficiale del Pcus. Vi campeggiava la faccia di Putin con i baffoni di Stalin.
I pacchi del quotidiano vennero depositati di notte davanti alle edicole del Forte, di Pietrasanta e di Viareggio. L’indomani mattina i giornalai lo misero subito in vendita e nel giro di un paio d’ore esaurirono le copie. Gli edicolanti più accorti ne conservarono qualcuna e la cedettero a caro prezzo ai miliardari russi, dapprima incuriositi e poi furiosi per l’offesa recata al loro presidente.
La seconda beffa si spinse più in là poiché prese di mira una ventina di oligarchi, indicati per nome, cognome e indirizzo. L'elenco venne diffuso in centinaia di esemplari, affissi sui muri di molte località della costa. Ma il veleno della trovata stava in un secondo elenco affiancato al primo. Accanto a ciascun nome, veniva segnalata la escort italiana preferita da ciascun riccone e il compenso che richiedeva.
In quel modo tutti conobbero quanto costavano le notti allegre degli oligarchi putiniani. Erano cifre sbalorditive rispetto ai magri stipendi di chi faticava nelle loro ville, nei negozi, nei ristoranti, nei caffè e nei bagni sul mare. Qualche russo venne spernacchiato con rabbia mentre passeggiava nel centro del Forte. Si tentarono anche un paio di aggressioni, subito bloccate dalle guardie del corpo.
Una delegazione di oligarchi si presentò al municipio del Forte e spiegò al sindaco che la sua città non risultava più il buen retiro senza pericoli che era sempre apparsa. Un miliardario infuriato urlò: «Dovete scovare questi teppisti e mandarli in carcere. Se continuano a perseguitarci, ce ne andremo via. E a quel punto Forte dei Marmi e l'intera Versilia cesseranno di esistere!».
Ma il peggio doveva ancora venire. I più scaldati dei Nazi-Bol decisero che le beffe non bastavano più. Era necessario passare ad azioni capaci di mettere la strizza in corpo ai ricconi russi. Qualcuno propose di disturbare le feste organizzate quasi ogni sera sugli yacht presi in affitto. In che modo? Per esempio sparando contro le barche dei fuochi d'artificio, in grado di fare un gran rumore senza provocare danni.
Fu molto semplice organizzare un attacco al festino organizzato da cinque magnati del petrolio la notte del Ferragosto 2016. Lo yacht era strapieno di invitati. Anche le guardie del corpo stavano a bordo del panfilo, senza immaginare che il pericolo poteva venire dal mare. Con tre barchini, i Nazi-Bol circondarono lo yacht e iniziarono a sparare dei petardi. Ma fu allora che avvenne l’imprevisto.
Uno dei fuochi artificiali cadde sul ponte, tra le coppie che ballavano. E innescò un piccolo incendio. Nel timore di essere raggiunte dalle fiamme, quattro madame russe, prese dal panico, si gettarono in mare. Un gruppo di guardie del corpo tentò di salvarle, ma due di loro annegarono. Una era la moglie del più ricco tra gli oligarchi diventati padroni del Forte.
Fu allora che i russi decisero di stroncare i Nazi-Bol. Ingaggiarono tre detective che avevano lavorato per il vecchio Kgb, già colleghi di Putin nei servizi segreti. Dovevano individuare da chi fosse composto quel gruppo terrorista. Non ci volle molto a scoprirlo. Due di loro vennero rapiti e impiccati in una cava di marmo sulle Apuane, alle spalle del Forte. Il doppio delitto suscitò la rabbia di molti giovani della Versilia. Gruppi di dimostranti assaltarono le ville dei russi, lanciando bombe molotov. Parecchie residenze vennero devastate e incendiate. Forte dei Marmi diventò un territorio proibito ai riccastri arrivati da Mosca. Se osavano presentarsi in strada venivano aggrediti e pestati. Le guardie del corpo scoprirono di essere impotenti, poiché non potevano sparare per strade e piazze affollate.
Putin li incitò a reagire, promettendo l’arrivo di una squadra di irregolari che aveva combattuto in Cecenia. Ma il reparto non si vide mai. Nel volgere di tre mesi, gli oligarchi abbandonarono la Versilia. Una parte si trasferì nell'area di Sanremo, per giocare al Casinò. Altri preferirono ritornare in patria. Da quel momento il Forte tornò a essere un’oasi di pace, ma purtroppo sempre più povera. Di lì ebbe inizio una crisi senza rimedio destinata a scaraventare nella depressione l'intera Versilia. Meglio l'onore salvato o la ricchezza garantita dagli oligarchi? Nessuno osò dire quel che pensava: era meglio la ricchezza.
di Giampaolo Pansa
Dall’inizio del Duemila, il Forte, e in parte anche Pietrasanta e Viareggio, erano il soggiorno preferito di tanti oligarchi diventati straricchi dopo la dissoluzione dell’Urss. La Versilia non differiva dai quartieri alti di Mosca e di San Pietroburgo. Il commercio del lusso prevaleva in modo sfacciato. Nei negozi assumevano soltanto commesse in grado di parlare il russo. E i più forniti di oro e dollari, tutti amici del presidente Putin, erano insediati nelle ville migliori di Forte dei Marmi.
L’ultima a essere acquistata era stata la storica residenza di un petroliere italiano. Adesso lì ci viveva un magnate di San Pietroburgo, un miliardario con una passione sfrenata per i media. Aveva allestito una stazione tivù collegata a un’emittente moscovita. E aveva promosso la stampa e la diffusione di un quotidiano scritto in cirillico con una testata che in italiano significava «Il Paradiso della Versilia».
I magnati russi si proteggevano con cura maniacale. Le loro dimore erano difese da sofisticati sistemi di allarme. Quando uscivano per andare in spiaggia o per lo struscio serale, procedevano circondati da guardie del corpo armate di mitragliette. Italiani palestrati, di solito ex militari dei reparti speciali. Ma era una precauzione inutile poiché dopo l'arrivo degli oligarchi la criminalità locale era scomparsa.
Al contrario si erano moltiplicate le escort toscane, liguri ed emiliane. In molti casi si trattava di minorenni, di un’eleganza sfrenata e del tutto impudiche. Si presentavano allo struscio con la loro merce in bella vista. In spiaggia erano nude, salvo un microscopico triangolino coperto di perle. E si facevano pagare soltanto in dollari.
Il mercato del sesso era diventato asfissiante. Attirata dai guadagni delle escort, una cosca mafiosa accorsa da Palermo aveva tentato di sfruttare quel commercio e di costringere le ragazze ad accettare dei protettori. Ma questa piaga nella piaga venne subito eliminata dagli oligarchi. Con un sistema infallibile: una serie di omicidi, rimasti impuniti. Capita l’antifona, i pochi mafiosi ancora vivi sloggiarono dal Forte. Si decisero quando venne ritrovato il cadavere di un capo cosca. Rapito da chissà chi, torturato e ucciso con una raffica in faccia.
In poco tempo l'invasione russa si era fatta massiccia e dedita al culto di Putin. Nei negozi di souvenir si vendevano magliette con il volto del presidente russo, magneti con la sua faccia da attaccare al cruscotto delle Mercedes e delle Jaguar corazzate, rotoli di carta igienica con il suo nome stampato in rosso. Ebbe un successo travolgente una matrioska che sotto il pupazzo di Putin celava quelli di Stalin, Mao, Lenin e Berlusconi. Questi eccessi suscitarono la reazione di un gruppo di ragazzi italiani del Forte e di altre località della Versilia. Il loro era un impasto curioso di destra e di sinistra.
Venivano da destra i figli di famiglie missine legate al ricordo del fascismo di Mussolini. Non potevano soffrire l'invasione russa dal momento che, al di là delle apparenze, rimaneva un retaggio del comunismo sovietico. La ribellione dei giovani di sinistra aveva un’origine opposta. I ricconi arrivati da Mosca gli apparivano capitalisti della peggior specie. Colpevoli di aver fatto cadere il regime sovietico, con l'appoggio di traditori come Gorbaciov ed Eltsin.
Sulle prime avevano aderito a Rifondazione comunista, nella speranza che avrebbe rimesso in piedi il glorioso Pci. Ma si erano accorti presto che il partito mirava soltanto a conquistare qualche poltrona in Parlamento. E non avevano esitato a ripudiarlo.
Quando i due gruppi cominciarono a incontrarsi, i ragazzi più acculturati dichiararono subito che anche in Versilia era nato un movimento simile alla formazione creata da un eroe dissidente della Russia di quel tempo, Eduard Limonov. Lui aveva costituito i Nazi-Bol, i nazisti bolscevichi, un insieme di eretici ribelli invisi a Putin e al suo impero. Pure il gruppo toscano decise di adottare quell'insegna. E si preparò alla battaglia.
Nel giugno 2016 le loro azioni furono non violente e di tipo beffardo. Stamparono una finta edizione del «Paradiso della Versilia» con una copertina che riproduceva la prima pagina della «Pravda», il defunto organo ufficiale del Pcus. Vi campeggiava la faccia di Putin con i baffoni di Stalin.
I pacchi del quotidiano vennero depositati di notte davanti alle edicole del Forte, di Pietrasanta e di Viareggio. L’indomani mattina i giornalai lo misero subito in vendita e nel giro di un paio d’ore esaurirono le copie. Gli edicolanti più accorti ne conservarono qualcuna e la cedettero a caro prezzo ai miliardari russi, dapprima incuriositi e poi furiosi per l’offesa recata al loro presidente.
La seconda beffa si spinse più in là poiché prese di mira una ventina di oligarchi, indicati per nome, cognome e indirizzo. L'elenco venne diffuso in centinaia di esemplari, affissi sui muri di molte località della costa. Ma il veleno della trovata stava in un secondo elenco affiancato al primo. Accanto a ciascun nome, veniva segnalata la escort italiana preferita da ciascun riccone e il compenso che richiedeva.
In quel modo tutti conobbero quanto costavano le notti allegre degli oligarchi putiniani. Erano cifre sbalorditive rispetto ai magri stipendi di chi faticava nelle loro ville, nei negozi, nei ristoranti, nei caffè e nei bagni sul mare. Qualche russo venne spernacchiato con rabbia mentre passeggiava nel centro del Forte. Si tentarono anche un paio di aggressioni, subito bloccate dalle guardie del corpo.
Una delegazione di oligarchi si presentò al municipio del Forte e spiegò al sindaco che la sua città non risultava più il buen retiro senza pericoli che era sempre apparsa. Un miliardario infuriato urlò: «Dovete scovare questi teppisti e mandarli in carcere. Se continuano a perseguitarci, ce ne andremo via. E a quel punto Forte dei Marmi e l'intera Versilia cesseranno di esistere!».
Ma il peggio doveva ancora venire. I più scaldati dei Nazi-Bol decisero che le beffe non bastavano più. Era necessario passare ad azioni capaci di mettere la strizza in corpo ai ricconi russi. Qualcuno propose di disturbare le feste organizzate quasi ogni sera sugli yacht presi in affitto. In che modo? Per esempio sparando contro le barche dei fuochi d'artificio, in grado di fare un gran rumore senza provocare danni.
Fu molto semplice organizzare un attacco al festino organizzato da cinque magnati del petrolio la notte del Ferragosto 2016. Lo yacht era strapieno di invitati. Anche le guardie del corpo stavano a bordo del panfilo, senza immaginare che il pericolo poteva venire dal mare. Con tre barchini, i Nazi-Bol circondarono lo yacht e iniziarono a sparare dei petardi. Ma fu allora che avvenne l’imprevisto.
Uno dei fuochi artificiali cadde sul ponte, tra le coppie che ballavano. E innescò un piccolo incendio. Nel timore di essere raggiunte dalle fiamme, quattro madame russe, prese dal panico, si gettarono in mare. Un gruppo di guardie del corpo tentò di salvarle, ma due di loro annegarono. Una era la moglie del più ricco tra gli oligarchi diventati padroni del Forte.
Fu allora che i russi decisero di stroncare i Nazi-Bol. Ingaggiarono tre detective che avevano lavorato per il vecchio Kgb, già colleghi di Putin nei servizi segreti. Dovevano individuare da chi fosse composto quel gruppo terrorista. Non ci volle molto a scoprirlo. Due di loro vennero rapiti e impiccati in una cava di marmo sulle Apuane, alle spalle del Forte. Il doppio delitto suscitò la rabbia di molti giovani della Versilia. Gruppi di dimostranti assaltarono le ville dei russi, lanciando bombe molotov. Parecchie residenze vennero devastate e incendiate. Forte dei Marmi diventò un territorio proibito ai riccastri arrivati da Mosca. Se osavano presentarsi in strada venivano aggrediti e pestati. Le guardie del corpo scoprirono di essere impotenti, poiché non potevano sparare per strade e piazze affollate.
Putin li incitò a reagire, promettendo l’arrivo di una squadra di irregolari che aveva combattuto in Cecenia. Ma il reparto non si vide mai. Nel volgere di tre mesi, gli oligarchi abbandonarono la Versilia. Una parte si trasferì nell'area di Sanremo, per giocare al Casinò. Altri preferirono ritornare in patria. Da quel momento il Forte tornò a essere un’oasi di pace, ma purtroppo sempre più povera. Di lì ebbe inizio una crisi senza rimedio destinata a scaraventare nella depressione l'intera Versilia. Meglio l'onore salvato o la ricchezza garantita dagli oligarchi? Nessuno osò dire quel che pensava: era meglio la ricchezza.
di Giampaolo Pansa
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