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ROMA - Il senso politico e strategico dell'ombrello che, a sera, dopo un mese di rinvii, il governo apre a protezione del Paese dalla minaccia "molecolare" del terrorismo islamista ha la sua interpretazione autentica nelle parole di Marco Minniti, sottosegretario con delega alla sicurezza nazionale che, nel pomeriggio, prende la parola alla Luiss durante il convegno "Riciclaggio Internazionale e finanziamento del terrorismo". "Non siamo all'anno zero  -  dice  -  E la nostra risposta all'Is tiene e deve tenere conto della nuova natura della sfida. Che, per la prima volta, presenta insieme due aspetti: quello propriamente terroristico, affidato a singoli, lupi o attori solitari che dir si voglia, e quello militare". Non a caso, le nuove norme licenziate da Palazzo Chigi entrano in vigore tutte insieme, per decreto, e coprono l'intero spettro della minaccia. Intervenendo "a specchio" nel teatro di operazioni militari (con il consolidamento della presenza di 280 istruttori, 80 consiglieri e mezzi aerei nella regione curda di Erbil), nella cosiddetta sicurezza "statica" (1.800 soldati in più a presidio degli obiettivi sensibili nelle nostre città), nella prevenzione (viene introdotta una nuova figura di reato che rende punibile chi si arruola nella Jihad e non soltanto chi quell'arruolamento sollecita), nelle indagini (vengono affidati alla Procura Nazionale antimafia poteri di coordinamento nelle inchieste anla titerrorismo), nella raccolta di intelligence (ai Servizi viene riconosciuta la facoltà di ottenere informazioni con attività coperte nel circuito carcerario).

"Uno sforzo  -  sottolinea una qualificata fonte di Palazzo Chigi  -  che ha cercato di mantenere il salto di qualità che queste norme rappresentano in una solida cornice costituzionale ". Le norme che allargano al "carcerario" i poteri di intrusione della nostra Intelligence, e la cui gestazione non era stata semplicissima, vengono infatti "messe in sicurezza" dal cosiddetto "sistema della doppia chiave". Quello che attualmente regola le cosiddette "intercettazioni preventive". Per condurre operazioni il cui obiettivo sia la raccolta di informazioni da detenuti, i nostri Servizi dovranno infatti ottenere a monte l'autorizzazione di governo e magistratura e, a valle, informarne il Copasir (organo di controllo parlamentare). Di più: ai nuovi poteri di intrusione viene messa una data di scadenza, gennaio 2016. "Perché sia chiaro  -  aggiunge la fonte di Palazzo Chigi  -  che si tratta di una "sperimentazione". Che, oggi, è necessaria di fronte alla nuova minaccia. Ma che, di qui a un anno, sarà bene sottoporre a verifica per valutarne non solo l'efficacia ma, giunti a quel punto, anche l'esigenza ".

Del resto, che il governo abbia deciso di investire sul piano della qualità della raccolta dell'intelligence è dimostrato da almeno altre due circostanze. Il progetto coltivato da Palazzo Chigi di rendere presto il "Casa" (organismo di coordinamento antiterrorismo tra forze dell'ordine e Servizi) il fulcro e l'interfaccia della procura nazionale antiterrorismo e l'annuncio che, ieri, lo stesso Minniti ha voluto fare di fronte agli studenti della Luiss. Entro l'estate, per la prima volta nella storia repubblicana, entreranno in servizio nelle nostre agenzie di spionaggio e controspionaggio trenta giovani donne e uomini, tutti sotto i 30 anni, selezionati nei mesi scorsi tra i neolaureati delle nostre università. In qualche modo, una "rivoluzione culturale" che dovrebbe avvicinare i nostri Servizi segreti agli standard di arruolamento delle altre agenzie europee (per non parlare di quelle americane), rompendo così il monopolio del personale proveniente da forze armate e forze di polizia.