Sunday, March 29, 2015

Marco Travaglio. Meredith Kercher, 5 domande: se nella stanza del delitto c’erano solo…

Marco Travaglio. Meredith Kercher, 5 domande: se nella stanza del delitto c’erano solo…

Marco Travaglio espone in 5 punti gli interrogativi dopo l'assoluzione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito da avere assassinato Meredith Kercher e si chiede: se non loro chi? Nella camera del delitto c'erano solo Meredith, Amanda, Sollecito e Guede, condannato per concorso nell'omicidio, ma non si sa con chi
ROMA – Chi ha ucciso Meredith Kercher, si chiedeMarco Travaglio sul Fatto di domenica 29 marzo 2015, se:
1. nella camera di Meredith Kercher c’erano tracce solo di Rudy Guede, di Amanda Knox (il suo Dna sul coltello) e di Raffaele Sollecito (il suo Dna sul gancetto)?
2. il processo a Rudy Guede ha accertato che il suo ingresso nell’alloggio fu “favorito da Amanda” Knox?
3.  Amanda Knox, quando nessuno ancora sapeva nulla dell’esistenza di Rudy, descrisse l’omicidio attribuendolo a Patrick Lumumba, il “nero sbagliato” (“ricordo confusamente che Patrick ha ucciso Meredith”), e fu perciò condannata definitivamente a 3 anni per calunnia? Se lei non era lì, che ne sapeva del delitto e dell’assassino? E, se lei non c’entra, perché calunniare un innocente?
4. nessun giudice ha mai pensato che Rudy Guede, nero della costa d’avorio e non bianco come gli altri due imputati, in carcere condannato a 16 anni perché colpevole di “concorso in omicidio commesso da altri”, fosse solo soletto sulla scena del delitto?
5. Meredith Kercher non si è uccisa con le sue mani?
L’assoluzione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito in Cassazione, scrive Marco Travaglio,
“ha innescato commenti demenziali sul delitto di Meredith Kercher: pare quasi che, 8 anni fa a Perugia, la studentessa inglese si sia suicidata. O che l’unico condannato (a 16 anni con lo sconto del rito abbreviato), il giovane ivoriano Rudy Guede, tuttora detenuto perché colpevole di “concorso in omicidio commesso da altri”, fosse solo soletto sulla scena del delitto”.
Interrogandosi sulle motivazioni della sentenza, Marco Travaglio si sente certo di quello che i giudici della Corte di Cassazione

“non potranno scrivere: che Amanda e Raffaele non c’entrino nulla con quel caso, o che gli inquirenti abbiano preso un abbaglio con un duplice scambio di persona, mettendo in carcere due estranei e tenendoceli per 4 anni. Probabilmente si limiteranno a dire che le prove ritenute sufficienti dalla Corte d’Assise di Perugia (2 giudici togati e 6 popolari) che li condannò, dalla Corte di Cassazione (5 togati) che annullò la loro assoluzione in appello e dalla Corte d’Assise d’appello di Firenze (2 togati e 6 popolari) che li ricondannò,sono per loro insufficienti.
Siccome per convenzione l’ultimo verdetto è quello buono, la verità processuale si ferma qui. Il che non vuol dire che questa (fondata sulle prove certe e legittimamente raccolte) collimi con la verità dei fatti (che di solito è molto più vasta, ma spesso indimostrabile), né che le sentenze precedenti siano sbagliate.
Ciascuno poi, se conosce le carte, è libero di pensare che Meredith Kercher l’abbiano uccisa Amanda Knox, Raffaele Sollecito  e Rudy Guede (come dicono ben 35 giudici in 6 sentenze: primo grado, secondo appello e prima Cassazione sui due ex fidanzatini, più le tre emesse su Guede dal gup, dalla Corte d’assise d’appello e dalla Cassazione), oppure Rudy con altri due Mister X (come pare desumersi dai due soli verdetti favorevoli, scritti da 13 giudici: il primo appello e la seconda Cassazione).
Se una sezione di Cassazione dice che Amanda e Raffaele sono gli assassini e un’altra che le prove non bastano a dichiararli tali, non è che una è più Cassazione dell’altra: semplicemente hanno valutato diversamente gli indizi, come sempre avviene nei processi indiziari, cioè privi della prova schiacciante, la cosiddetta “pistola fumante”. Il risultato finale lo conosciamo e ne dobbiamo prendere atto: Guede condannato, Sollecito e Knox assolti. Ma siamo liberissimi di pensare, volendo, che si tratti di un errore giudiziario (lo è anche l’assoluzione di un colpevole, non solo la condanna di un innocente). Oppure che sia un verdetto giusto (non si condanna se non “oltre ogni ragionevole dubbio”).
Ma solo perché l’insufficienza di prove dipende dalla scarsa bravura degli inquirenti nel trovarle, o dall’abilità degli assolti a nasconderle e a tappare la bocca ai complici e ai testimoni. Questo è l’atteggiamento corretto e laico che si dovrebbe tenere alla fine di un processo indiziario.
Diversi indizi facevano ritenere gli imputati colpevoli, altri facevano dubitare che lo fossero: il classico bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, rimesso alla discrezionalità dei giudici. La stragrande maggioranza di essi ha deciso per il mezzo pieno, la minoranza per quello vuoto, che ha prevalso solo perché ha convinto gli ultimi. Con l’“aiuto”, va detto, delle incredibili pressioni americane (chissà se il povero Guede sarebbe dentro a espiare la pena da solo per un delitto commesso con altri, se anziché un nero ivoriano fosse anche lui un bianco targato Usa).
Chi poi sostiene che Amanda Knox e Raffaele Sollecito non andavano neppure processati non sa quel che dice. Le indagini della Scientifica e le ultime perizie sul coltello e sul gancetto del reggiseno della vittima, il memoriale scritto da Amanda e poi rimangiato, le mezze parole di Guede “chiamavano” la Knox e Sollecito sulla scena del delitto.
Altrimenti perché Amanda, nel primo interrogatorio senza difensore, quando nessuno ancora sapeva nulla dell’esistenza di Rudy, descrisse l’omicidio attribuendolo a Patrick Lumumba, il “nero sbagliato” (“ricordo confusamente che Patrick ha ucciso Meredith”), e fu perciò condannata definitivamente a 3 anni per calunnia? Se lei non era lì, che ne sapeva del delitto e dell’assassino? E, se lei non c’entra, perché calunniare un innocente?
Perché Raffaele mentì sull’alibi della fidanzata (“quella sera Amanda dormì a casa mia”), subito sbugiardato da vari testi?
E chi sono i complici di Rudy, visto che nella stanza di Meredith Kercher c’erano tracce solo di Rudy Guede, di Amanda Knox (il suo Dna sul coltello) e di Raffaele Sollecito (il suo Dna sul gancetto) e che il processo a Rudy Guede ha accertato che il suo ingresso nell’alloggio fu “favorito da Amanda”?
Gli indizi, anche scientifici, che han tenuto in carcere i due non li ha valutati solo la Procura: li hanno confermati un Gup, 9 giudici di tre diversi Riesami e 5 di Cassazione. Se la Procura avesse messo in cassaforte la confessione di Amanda Knox, scovando un avvocato d’ufficio la notte in cui sapeva tutto e accusava Patrick prima di chiudersi a riccio, anziché continuare a sentirla senza difensore e rendere così inutilizzabile quel verbale, forse oggi racconteremmo un’altra storia. Idem se Rudy Guede avesse parlato chiaro.
Quindi, per favore, si prenda atto dell’assoluzione. Ma nessun processo alla giustizia italiana, tanto meno dagli Usa: lì, dopo la prima condanna, buttano la chiave. Noi invece facciamo i processi in nome del popolo italiano con tanto di giuria popolare, poi li rifacciamo in nome di un altro popolo italiano, e ci concediamo pure il lusso di due verdetti (contrastanti) di Cassazione. Quindi, anziché vaneggiare di ingiustizie da risarcire, è il caso di frenare le isterie – come peraltro fanno saggiamente gli avvocati difensori – e accontentarsi. Qui gli unici da risarcire sono la buonanima di Meredith Kercher e la sua povera famiglia”.

Vladimir Putin e la fotografia con Silvio Berlusconi e tutti i suoi figli*******

Post n°16 pubblicato il 19 Ottobre 2014 da maringolarosario
RIMPATRIATA
Vladimir Putin e la fotografia con Silvio Berlusconi e tutti i suoi figli
Eleonora, Silvio Berlusconi, Marina, Vladimir Putin, Luigi, Barbara e Pier Silvio
Una rimpatriata tra vecchi amici negli uffici della storica villa di via Rovani, a Milano. In verità una rimpatriata con "il" vecchio amicoVladimir Putin. Rimpatriata benedetta dai giudici, che hanno concesso a Silvio Berlusconila possibilità di trascorrere la notte lontano da Arcore, il suo luogo di dimora obbligata dopo la condanna nel processo Mediaset dell'agosto 2013. Una cena a base di tartufo bianco che si è protratta fino alle ore piccole, fino a dopo le 3, nella notte tra giovedì e venerdì. Putin, a Milano in occasione del vertice Asia-Europa, non ha voluto perdere l'occasione di incontrare Silvio, al quale è legato da un rapporto di sincera amicizia. I due hanno parlato anche di politica italiana e di quella estera, della situazione in Ucraina e delle "ingiuste sanzioni" che l'Europa sta imponendo alla Russia. Tra una chiacchiera e l'altra, c'è stata anche l'occasione per una fotografia "di famiglia", quella che potete vedere qui sopra: al centro Vladimir Putin, ai lati tutta la famiglia Berlusconi. In ordine Eleonora, Silvio, Marina, quindi alla sinistra dello "zar" ecco Luigi, Barbara e Pier Silvio.

*******CONTROLLATI DAGLI STRANIERI,SPESSO CLANDESTINI*******

*DA UN PO' DI GIORNI IN ITALIA LA SOLITA BANDA DI MARIUOLI STA' FACENDO PASSARE ATTRAVERSO I MASS-MEDIA RAI COMPRESA LA PAROLA CORRUZIONE,LA BANDA DEGLI SCAGNOZZI DI GIORNALISTI A LORO VICINI AFFERMA CHE L'ITALIA E' CORROTTA PER IL 90%.LA REALTA' E' UN'ALTRA QUESTI SI SONO IMPOSSESSATI DI TUTTO, HANNO RUBATO PERSINO LA PROPRIETA' PRIVATA GARANTITA DALLE NAZIONI UNITE.IN ITALIA LA FANNO DA PADRONI ANCHE PERSONAGGI STRANIERI CON UNA STRUTTURA PIRAMIDALE CHE CON I LORO SISTEMI SCONOSCIUTI AI PIU' IN OCCIDENTE  RIESCONO A CONTROLLARE IL SINGOLO CITTADINO ITALIANO,HANNO INTERESSI ENORMI SU' QUASI TUTTO DAI SUPERMERCATI ALIMENTARI,MAXI NEGOZI PER LA VENDITA DI TUTTO, AI CARBURANTI,ALLE TELECOMUNICAZIONI ALLE BANCHE,POSTE ECC......QUINDI CON LA MASSIMA ATTENZIONE BISOGNA RIVEDERE TUTTA L'ATTUALE VICENDA DEL TERRORISMO.IN ITALIA CI SONO MIGLIAIA E MIGLIAIA DI SOGGETTI NULLA FACENTI,BEN VESTITI MUNITI DI TELEFONINI DI ULTIMISSIMA GENERAZIONE DROGHE,QUANT'ALTRO ECC... A PRIMA VISTA SEMBRA CHE ATTENDONO QUALCUNO O QUALCOSA.CHI LI PAGA PER FARLI VIVIRE IN ITALIA IN MODO PIU' O MENO DECOROSO?? E' DI IERI L'ALTRO LA NOTIZIA CHE I CARABINIERI QUASI COME AL SOLITO, SALVANDO I CARABINIERI PERBENE E LIGI AL DOVERE HANNO FATTO UNA RAPINA UCCIDENDO UN COMMERCIANTE,LE MIE DENUNCIE DEI VARI FURTI E AGGRESSIONE CHE NOI MARINGOLA ABBIAMO SUBITO RIPETUTAMENTE DA DECINE E DECINE DI CARABINIERI, LO STESSO MINISTERO DELLA DIFESA CONTINUA AD IGNORARE,LO STESSO DICASI PER LA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA ITALIANA ,PER IL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA,PER LE VARIE PROCURE DELLA REPUBBLICA ITALIANE PREPOSTE ECC....DAL 19 MARZO 2014 DOPO L'ULTIMO FURTO PROPRIO DEI CARABINIERI DI CERVARO LAZIO PRESSO LA NOSTRA BITAZIONE IN NOSTRA ASSENZA NON RIUSCIAMO AD OTTENERE NEMMENO UN PO' DI PIATTI E QUALCHE VESTITO,INDUMENTI ECC....TUTTI IGNORANO.QUESTO E' LO STATO ITALIANO CHE HANNO CREATO I VARI BERLUSCONI,PRODI,D'ALEMA,NAPOLITANO,ECC.....rosario*
  • Rosario Maringola
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Migliaia di ladri e sbandati che borseggiano e saccheggiano case, migliaia di prostitute che battono a cielo aperto schiave delle mafie.

Ormai per i pm di Milano è un'ossessione, una guerra personale e pruriginosa che...
ILGIORNALE.IT
  • Rosario Maringola *MIGLIAIA DI PSEUDO POLITICI, HANNO PERMESSO DI RUBARE TUTTO IN ITALIA,SEMPRE CON L'AVALLO DI CHI DA OLTRE 20 ANNI DICE DI FARE POLITICA IN ITALIA NON SI E' MAI CAPITO CON QUALE MANDATO,POSTE RUBATE,BANCHE RUBATE,AUTOSTRADE RUBATE,TRENI RUBATI NAVI RUBATE ECC*************************************************************************************************************
    PRATICAMENTE,E' FALSO IL MINISTRO E SONO FALSI I GIUDICI PER GLI EVENTUALI RICORSI,ED ERANO FALSI ANCHE I DEPUTATI NELL'INTERROGAZIONE PARLAMENTARE DI MERCOLEDI' 24 MARZO TRASMESSA DA RAI TG3 PARLAMENTO ED ERA' FALSO LO STESSO MINISTRO DELL'ECONOMIA ITALIANO CHE RISPONDEVA ALL'INTERROGAZIONE PARLAMENTARE:TUTTO IL SISTEMA ITALIANO E' FALSO*******

    Il direttore generale dell'Agenzia delle entrate interviene dopo la decisione della...
    REPUBBLICA.IT

Thursday, March 26, 2015

Obama libera 5 talebani in cambio di disertore

ENNESIMO FLOP

Obama libera 5 talebani in cambio di diserto
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Obama libera 5 talebani in cambio di disertare
L’esercito americano ha formalmente incriminato oggi per “diserzione” Bowe Bergdahl, il sergente che Obama aveva scambiato con 5 Talebani di alto rango detenuti a Guantanamo, in un baratto che aveva stravolto la politica americana di non cedere ai ricatti dei sequestratori. Per il caso piu’ sbagliato di tutti. Ma tanta era stata, allora, la soddisfazione del presidente nel vantarsi di aver riconsegnato alla famiglia un soldato USA in “prigionia” da tempo in Afghanistan, che il giorno dell’annuncio della sua “liberazione” aveva voluto al suo fianco alla Casa Bianca il padre di Bowe, Bob, che durante la detenzione tra i fondamentalisti del figlio si era messo a studiare l’Islam, e che si presento’ con una barba da Osama Bin Laden e parlo’ nella lingua pashtun. Un caso di sindrome (ideologica) di Stoccolma, viste le posizioni espresse in sintonia con quelle del figlio sequestrato, uno che nemmeno aveva nascosto il fatto che preferiva i nemici con il turbante ai suoi compagni in divisa cachi. “Mi spiace per tutto quello che c’e’ qui”, aveva scritto infatti Bowe in una email al babbo prima di sparire. ” Questa gente ha bisogno di aiuto, e quello che hanno e’ il paese che si crede il piu’ orgoglioso del mondo che dice che loro non sono nulla, che sono stupidi”. “Ci stanno dando una immagine fittizia e artificiale di quello che stiamo facendo in Aghanistan”, aveva fatto eco il padre Bob dal podio a fianco di Obama dopo la “liberazione” del figlio.
Il sergente Bergdahl, dalla sua condizione di soldato disadattato quando ancora non era scomparso, era passato presto ad un consapevole e dichiarato, nelle lettere al babbo, antiamericanismo. “Mi vergogno di essere un soldato americano. Il titolo di soldato americano e’ una bugia per i creduloni. Questa America e’ un orrore e mi fa schifo”. “Obbedisci alla tua coscienza”, gli aveva ribattuto il padre Bob in una email. Cosi’ una notte, finito il turno di guardia, Bowe chiese al suo superiore se sarebbe stato un problema lasciare l’accampamento portando con se’ il fucile e gli occhiali per vedere al buio. “Si’”, fu la replica del suo capo. Ma una volta tornato al suo bunker, Bergdahl prese un coltello, dell’acqua, il suo diario, una macchina fotografica e lascio’ la base di nascosto. In sostanza, diserto’. La mattina dopo iniziarono le ricerche, e vari marines sono morti nei setacciamenti per ritrovarlo.
L’annuncio della conclusione dell’inchiesta, che e’ durata oltre 10 mesi dopo il rilascio, e’ stato fatto dal Comando delle Forze Armate a Fort Bragg in Nord Carolina. Da mesi giravano voci che sarebbe finita male per Berghdal, ma Obama e’ riuscito a tirare in lungo il piu’ possibile l’esito, scavalcando le elezioni di medio termine del novembre scorso. Il tentativo di difendere a testa alta il baratto con i 5 pericolosi fondamentalisti come una vittoria dei principi del governo e dell’esercito americano, che non lasciano mai un soldato in mano ai nemici, e’ durato pochissimo davanti all’opinione pubblica, anche se la consigliera per la Sicurezza Pubblica Susan Rice si lancio’ in un giudizio che oggi la svergogna: “Bergdahl ha servito il suo paese con onore e distinzione” .
Ben presto i suoi commilitoni nell’avamposto afghano hanno raccontato ai giornali chi fosse veramente Berghdal e come fosse finito prigioniero dei talebani della regione in cui si trovava la caserma americana. “Eroe disertore”? Cosi’ avevamo gia’ scritto noi su Libero molti mesi fa, all’annuncio dello scambio. “C’e’ piu’ di un indizio”, avevamo aggiunto, prima che le testimonianze di tutti quelli che prestavano servizio con lui in Afghanistan togliessero ogni dubbio.
Lo scandalo dello scambio e’ oggi diventato ancora piu’ grave per Obama, e non solo nel merito dell’avere inscenato la festa d’onore per la famiglia del traditore. Prima, e anche dopo il caso Bergdahl, il governo USA e’ sempre stato sordo e insensibile ad ogni possibilita’ di trattativa con i sequestratori di americani, dai giornalisti decapitati al caso recentissimo della cooperante Kayla Mueller, morta in febbraio mentre era detenuta in Siria dall’ISIS. I suoi familiari hanno accusato il governo Usa di non aver fatto nulla per la sua salvezza, che pareva vicina.
Quanto al valore simbolico degli atti pubblici, il papa’ del disertore abbracciato alla Casa Bianca e’ di diritto nella fila dei quadretti tragici del comandante in capo: a fianco c’e’ l’Obama che gioca a golf pochi minuti dopo aver annunciato la decapitazione di James Foley, il primo reporter Usa a subire quella sorte; e accanto l’Obama da solo, quello che non ha mai ricevuto alcun familiare delle altre vittime Usa, ma soltanto lui, il babbo del traditore.
di Glauco Maggi

Wednesday, March 25, 2015

BERLUSCONI E IL SUO AMICO PUTIN*******

*PREMETTO; NON HO NULLA DA DIRE CONTRO IL SIG.PUTIN E CON LA RUSSIA,MA SILVIO BERLUSCONI IN UNA BASE MILITARE DOVRA' SPIEGARE COME MAI OGNI VOLTA CHE RUBAVA QUALCOSA APPARIVA SUGLI SCHERMI TELEVISIVI ITALIANI E DICEVA CHE CON UNA TELEFONATA A PUTIN RISOLVEVA TUTTO IN ITALIA,NON HO MAI CAPITO IL SIG.PUTIN COSA C'ENTRAVA CON GLI AFFARI INTERNI ITALIANI,COME PURE BERLUSCONI DOVRA SPIEGARE COME MAI PERSONAGGI" DONNE RUSSE HANNO TENTATO DI ESTORCERE DENARO SULLE BOLLETTE ENEL A COMPONENTI DEI SERVIZI SEGRETI MILITARI ITALIANI******************************************************************************************************************

L'ex premier in esilio Azarov: "Gli Usa volevano farci tornare aggressivi contro Mosca. La consigliera della Casa Bianca pretese un governo di unità nazionale"
Alessandro Sallusti - Mar, 24/03/2015 - 09:06
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È passato da poco un anno dalla rivolta di piazza che provocò la caduta del governo ucraino e la guerra civile che ha portato il mondo sull'orlo di un conflitto più esteso. Mykola Azarov, leader del Partito delle regioni, era il primo ministro che in quei giorni si trovò a gestire lo scontro tra filo russi e filo europei. Si dimise in febbraio, pochi giorni prima della caduta dell'intero governo e del presidente Yanukovich. Braccato dagli insorti, si salvò in modo rocambolesco e ora vive esule a Mosca.
Signor Azarov, il giudizio dell'opinione pubblica europea resta confuso e diviso. Fu rivoluzione di popolo o colpo di stato?
«Guardi, durante i miei tre anni di governo avevamo tenuto l'Ucraina su una linea di buon vicinato sia con la Russia che con l'Unione Europea. Questa equidistanza non era gradita agli Stati Uniti d'America che volevano si tornasse alla politica del precedente governo di dichiarata ostilità alla Russia. Questa irritazione, e le conseguenti pressioni, l'abbiamo percepita fin da quando siamo andati al governo».
Azarov: "In Ucraina un complotto degli Usa"

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Lei personalmente subì pressioni in tal senso?
«Quando noi ci rendemmo indisponibili a sottoscrivere così come ci erano stati presentati gli accordi con l'Unione Europea, accaddero due cose contemporaneamente».
Cioè?
«Da una parte incominciarono occupazioni di uffici pubblici da parte di manifestanti spuntati dal nulla, dall'altra una incredibile e arrogante ingerenza da parte degli Stati Uniti negli affari interni di uno Stato sovrano. Venne da me la consigliera diplomatica del presidente Obama, Victoria Nuland, a pormi una sorta di ultimatum: o accettavo di formare un nuovo governo di unità nazionale che accontentasse gli anti russi oppure l'America non sarebbe stata a guardare».
E lei cosa rispose?
«Che il mio governo era stato eletto democraticamente e che aveva superato ben due voti di fiducia. Le dissi chiaramente che la politica dell'Ucraina era nelle mani del popolo ucraino e che lei non doveva permettersi di usare quei toni con il suo legittimo rappresentante».
Eppure, stando alle immagini televisive rimbalzate in tutto il mondo, la protesta contro di voi stava montando.
«Quella di concentrare una massa di persone attorno al palazzo del potere o nella piazza simbolo di una capitale, è una tecnica collaudata delle cosiddette rivoluzioni arancioni. In quei giorni avevamo in mano sondaggi secondo i quali la maggioranza del popolo ucraino appoggiava convintamente la linea del governo. Del resto bastava spostarsi poche centinaia di metri dalla piazza occupata per verificare come a Kiev la vita procedesse in modo assolutamente normale e che altre manifestazioni, di segno opposto, avvenivano in modo spontaneo un po' ovunque nel Paese».
Azarov: "Le proteste di Piazza Maidan? Creata a tavolino"

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Secondo voi, chi alimentava la pressione della piazza?
«In quei giorni noi avevamo il controllo completo di ciò che stava accadendo. I nostri servizi segreti avevano infiltrato uomini tra i manifestanti e avemmo le prove che la piazza prendeva ordini dagli americani, che il quartier generale della protesta era nell'ambasciata Usa a Kiev, la quale provvedeva anche a finanziare in modo importante la rivolta».
E non prendeste contromisure?
«Quando la protesta passò da pacifica a violenta, con uso massiccio di bombe molotov e anche armi da fuoco contro la nostra polizia, convocammo sia l'ambasciatore americano che gli ambasciatori europei per mostrare loro le prove in nostro possesso».
Con che esito?
«Fu sconcertante. L'unica cosa che ci dissero è che noi non potevamo reagire con la forza alla violenza crescente dei manifestanti. Ci stavano insomma legando le mani».
L'Europa quindi, mi sta dicendo, si girò dall'altra parte?
«Il ruolo della Comunità europea, in quei giorni drammatici e decisivi, fu volutamente marginale e quello dell'Italia pari a zero. Entrammo in possesso dell'intercettazione di una telefonata nella quale il primo ministro polacco diceva alla responsabile esteri della Commissione europea che, contrariamente alla versione spacciata per ufficiale, i cecchini che entrarono in azione in piazza non erano filo russi ma appartenenti alla fazione a noi avversa».
Azarov: "L'Ue ci ha lasciato soli"

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La risposta della ministra?
«Gelida, come dire: è una verità scomoda, lasciamo perdere. C'era la netta volontà di insabbiare la verità per non intralciare i piani americani».
Sta dicendo che fu organizzata una operazione di fuoco amico per fare indignare l'opinione pubblica internazionale?
«Sto dicendo che servivano vittime da sacrificare per giustificare l'innalzamento del livello di violenza della piazza e l'assalto ai palazzi del potere. I nostri poliziotti morivano o rimanevano gravemente feriti ma il presidente Yanukovich non diede mai l'ordine di dotare i reparti speciali di armi offensive nella speranza di trovare una soluzione pacifica».
Così si arriva al 27 gennaio 2014, giorno delle sue dimissioni.
«Con grande senso di responsabilità comunicai al presidente che ero disposto a dimettermi per facilitare una soluzione della trattativa. Gli chiesi di barattare la mia testa con lo sgombero della piazza e il disarmo dei gruppi neonazisti e dei facinorosi, circa cinquemila persone, che prendevano ordini da stati esteri».
Avvenne?
«Le mie dimissioni sì. Per il resto non cambiò nulla. Anzi, la situazione peggiorava di giorno in giorno».
Azarov: "Mi dimisi, ma non cambiò nulla"

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Ha continuato a vedere Yanukovich?
«Sì, in quelle ore ci sentivamo e vedevamo spesso».
Che cosa vi dicevate?
«Ho cercato di convincerlo che gli stavano facendo perdere tempo, che trattare con gli oppositori interni era inutile, in quanto marionette. Mi parlò di un accordo, peraltro poco onorevole, che stava raggiungendo con i ministri degli esteri di Polonia, Francia e Germania. Ma era evidente, e glielo dissi, che l'unica possibilità era quella di trattare direttamente con gli Stati Uniti, anche se loro, ovviamente, si guardavamo bene da fare aperture perché come obiettivo si erano dati solo il capovolgimento del governo».
Si arriva al 22 febbraio, giorno del colpo di stato, lei dove era?
«La sera prima avevo visto il presidente che mi aveva annunciato l'intenzione di aderire alla proposta di Polonia, Francia e Germania e che all'indomani, in cambio di grosse concessioni, la piazza si sarebbe ritirata come previsto dall'accordo. Così la mattina uscì di casa per raggiungere Yanukovich ma il capo della mia scorta mi fermò. Il palazzo presidenziale era stato preso dagli insorti, la moglie del presidente era scampata per un soffio a un attentato. Mi disse che il presidente stesso era in grave pericolo, che i ribelli avevano dato ordine di bloccare le frontiere a tutti i membri del governo. Yanukovich stava per fare la fine di Gheddafi».
Azarov: "Ecco cosa è successo il giorno del colpo di Stato"

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In che senso?
«Gheddafi fu ucciso da bande locali ma i mandanti erano gli stati che avevano dato il via all'attacco alla Libia. Sono certo che senza la copertura politica e morale di Stati Uniti ed Europa nessuno in Ucraina avrebbe avuto la forza di uccidere fisicamente il presidente e noi membri del governo. Prendere atto di questa verità è stata la più grande disillusione della mia vita».
Azarov: "Volevano far fare a Yanukovich la fine di Gheddafi"

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Il presidente Putin, nei giorni scorsi, ha rivendicato di aver salvato la vita a Yanukovich e a lei portandovi in salvo. Come è andata?
«Il presidente Putin ha voluto ribadire che in quelle ore ha compiuto una azione umanitaria nei confronti di persone amiche della Russia che non avevano fatto del male a nessuno. Osservo come le posizioni del governo della Russia siano cambiate nel tempo. All'inizio Putin ha dato la disponibilità a collaborare con il nuovo governo Ucraino ma poi sono accadute cose che hanno fatto cambiare parere. Come l'atteggiamento ostile e violento di Kiev nei confronti della Crimea e delle regioni orientali abitate da russi. Purtroppo l'Europa non conosce questi gravi fatti. Nessuno ha scritto degli assalti ai mezzi dei militari che presidiavano le regioni russe o dei massacri di civili disarmati che protestavano contro il nuovo regime. A Odessa sono state bruciate vive più di cento persone da parte dei nazionalisti ucraini. Nelle zone russofone, Kiev vuole governare col terrore».
Signor Azarov, guardiamo avanti. La tregua durerà?
«Quando noi sosteniamo che ci sono nazisti al potere a Kiev, l'Europa ci prende per bugiardi, ma è la pura verità. Come giudicate voi persone che danno ordine di bombardare interi quartieri con sistemi a lancio multiplo? A Charkiv decine di migliaia di civili sono morti, cinquemila edifici sono stati distrutti, così come gli acquedotti. La gente è al freddo in rifugi e cantine. Sono criminali, presto o tardi l'opinione pubblica internazionale verrà a conoscere questi fatti. Detto questo sono favorevole agli accordi di Minsk che hanno messo fine a questo eccidio. La Russia è pronta al compromesso, ma l'Ucraina è anche dei russi. Dire: l'Ucraina solo agli ucraini è uno slogan nazista. Gli Stati Uniti e l'Europa devono saperlo e agire di conseguenza».
Tornerà in Ucraina?
«Mi hanno inserito in una lista nera in modo del tutto arbitrario. A distanza di un anno non hanno ancora trovato un solo fatto che mi possa compromettere. Non sono però ottimista. Oggi non c'è in Ucraina un solo giudice che abbia la forza di andare contro la volontà del governo. Spero un giorno di tornare. Questa situazione non può durare a lungo. I soldi del fondo monetario purtroppo non finiranno al popolo, la crisi economica è già devastante ma farò di tutto perché il mio paese non diventi una nuova Somalia europea».