Abu Omar: Mattarella grazia Medero e Seldon Lady
Il presidente della Repubblica ha firmato tre decreti, due dei quali riguardano due ex agenti della Cia coinvolti nel sequestro di Abu Omar. L'ultimo decreto è per Massimo Romani, condannato per detenzione di sostanze stupefacenti
ROMA - Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, oggi ha firmato tre decreti di concessione di grazia. Due riguardano Betnie Medero eRobert Seldon Lady, gli ex agenti della Cia coinvolti nel sequestro dell'imam Abu Omar. I due - ricorda la nota del Quirinale - sono stati condannati, in concorso tra loro e con altre ventiquattro persone, per il reato di sequestro di persona, avvenuto a Milano nel febbraio del 2003.
Nel caso di Medero, il provvedimento riguarda la pena ancora da espiare (tre anni di reclusione), estesa anche alla pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Per Seldon Lady, condannato a nove anni di reclusione, la grazia riduce la pena di due anni.
Gesto 'simbolico'. La grazia per i due americani è più che altro un gesto simbolico: nel processo sul sequestro di Abu Omar, infatti, erano stati condannati solo i cittadini americani poiché gli italiani si erano potuti avvalere del segreto di Stato concesso dai governi italiani. Inoltre, nessuno dei cittadini americani condannati per il sequestro, in totale 26, si trova attualmente nel nostro Paese, avendo tutti già da tempo raggiunto gli Stati Uniti.
All'epoca dei fatti, Betnie Medero svolgeva solo funzioni di segreteria, mentre Seldon Lady era il vice capo della Cia in Italia: quest'ultimo è stato condannato a una pena superiore a quella del suo capo Jeff Castelli a cui era stata comminata una pena di 7 anni. Nella decisione della grazia, spiega una nota del Colle, si è voluto adeguare la pena inflitta alla gravità delle responsabilità nell'organizzazione del sequestro. Il Quirinale ha anche valutato il fatto che durante l'amministrazione Obama si è interrotta completamente la pratica dei rapimenti, pratica giudicata dall'Italia incompatibile con le regole dello stato di diritto. Già nel 2013, tra l'altro, Giorgio Napolitano concesse la grazia a Joseph Romano, colonnello americano coinvolto anch'esso nel caso Abu Omar.
Per Romani, il decreto concede la grazia totale della pena ancora da espiare, relativa alla condanna ad anni trenta di reclusione, inflittagli dopo il riconoscimento, da parte della Corte di appello, della sentenza thailandese di condanna alla pena di quaranta anni di reclusione (ridotti a trenta in Italia), per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti. L'esecuzione della pena è in corso dal 17 aprile 2008, dapprima in Thailandia e dall'agosto 2014 in Italia.
Le tappe del caso Omar
17 febbraio 2003: scompare Hassan Mustafa Osama Nasr, noto come Abu Omar, imam egiziano della moschea di viale Jenner a Milano. La moglie ne denuncia subito il sequestro. Anni dopo, in una memoria scritta, lui stesso descriverà l'accaduto. "Camminavo a piedi da casa mia (?) e davanti a un giardino pubblico ho visto una Fiat rossa. L'autista veniva verso di me di corsa. Ha tirato fuori una tessera: sono della polizia (...) Un furgone bianco si è fermato vicino al marciapiede. Non ho capito niente, ho visto solo che due persone mi sollevavano di peso (...) Mi hanno legato piedi e mani, tremavo per le botte e dalla mia bocca è uscita schiuma bianca". Abu Omar, su cui la Procura di Milano stava indagando per il ruolo in organizzazioni fondamentaliste islamiche, viene portato alla base di Aviano e poi trasferito in Egitto.
24 giugno 2005: prende corpo l'idea che il blitz sia stato ideato dai vertici del Sismi e da un gruppo di agenti della Cia, per i quali vengono spiccati 13 ordini di arresto (saliranno poi a 26). Più volte i giudici chiederanno l'estradizione dei cittadini statunitensi.
5 luglio 2006: viene arrestato Marco Mancini, capo del controspionaggio militare, con l'accusa di concorso in sequestro di persona; con lui il funzionario del Sismi Gustavo Pignero. Dieci giorni dopo vengono liberati. Il direttore del Sismi Nicolò Pollari viene iscritto nel registro degli indagati.
16 febbraio 2007: il gup Caterina Interlandi manda a processo Pollari, Mancini e altre 32 persone, tra cui 26 agenti della Cia. Patteggiano il maresciallo dei Ros Luciano Pironi e il giornalista Renato Farina.
18 aprile 2007: la Corte Costituzionale dichiara ammissibili i ricorsi del Governo per violazione del segreto di Stato da parte della Procura di Milano; stesso giudizio a settembre al ricorso della stessa Procura sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della presidenza del Consiglio. Il 18 giugno e di nuovo il 31 ottobre il giudice Oscar Magi sospende il processo.
12 marzo 2008: i pm Armando Spataro e Ferdinando Pomarici accusano il governo di "ambiguità e incertezza" sul nodo del segreto di Stato. Romano Prodi afferma che fu Berlusconi a porre il segreto nel 2004 e di averlo confermato al passaggio delle consegne.
11 marzo 2009: la Consulta accoglie in parte il ricorso del governo, affermando che la Procura di Milano ha violato il segreto di Stato. Il giudice Oscar Magi mandare avanti ugualmente il processo.
27 maggio 2009: Pollari in aula si dichiara "totalmente estraneo" e afferma che della verità "sono perfettamente a conoscenza le autorità di governo".
30 settembre 2009: i pm chiedono 13 anni per Pollari e per l'ex capo della Cia in Italia, Jeff Castelli; 10 anni per Mancini, pene tra 10 e 13 anni per i 26 agenti della Cia.
4 novembre 2009: Pollari e Mancini vengono prosciolti in primo grado in virtù del segreto di Stato. Condanne tra 5 e 8 anni per gli agenti della Cia; condannati anche gli ex 007 Luciano Seno e Pio Pompa. Ad Abu Omar sarà riconosciuto un risarcimento di 1 milione di euro, 500 mila euro alla moglie.
29 ottobre 2010: il procuratore generale Piero De Petris chiede 12 anni in appello per Pollari e Castelli, 10 per Mancini, otto anni per gli altri agenti della Cia.
15 dicembre 2010: l'appello conferma il primo grado per Pollari e Mancini, che vengono dichiarati non giudicabili. Agli agenti della Cia vengono comminate pene tra i 7 e i 9 anni.
19 settembre 2012: la Cassazione stabilisce che Mancini e Pollari siano riprocessati. Il 12 febbraio 2013 vengono condannati rispettivamente a 9
e 10 anni. La Cassazione si pronuncerà il 16 dicembre.
22 novembre: parte il processo che vede Abu Omar imputato. La Procura di Milano chiede per Abu Omar una condanna a 6 anni e 8 mesi.
Nel caso di Medero, il provvedimento riguarda la pena ancora da espiare (tre anni di reclusione), estesa anche alla pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Per Seldon Lady, condannato a nove anni di reclusione, la grazia riduce la pena di due anni.
Gesto 'simbolico'. La grazia per i due americani è più che altro un gesto simbolico: nel processo sul sequestro di Abu Omar, infatti, erano stati condannati solo i cittadini americani poiché gli italiani si erano potuti avvalere del segreto di Stato concesso dai governi italiani. Inoltre, nessuno dei cittadini americani condannati per il sequestro, in totale 26, si trova attualmente nel nostro Paese, avendo tutti già da tempo raggiunto gli Stati Uniti.
All'epoca dei fatti, Betnie Medero svolgeva solo funzioni di segreteria, mentre Seldon Lady era il vice capo della Cia in Italia: quest'ultimo è stato condannato a una pena superiore a quella del suo capo Jeff Castelli a cui era stata comminata una pena di 7 anni. Nella decisione della grazia, spiega una nota del Colle, si è voluto adeguare la pena inflitta alla gravità delle responsabilità nell'organizzazione del sequestro. Il Quirinale ha anche valutato il fatto che durante l'amministrazione Obama si è interrotta completamente la pratica dei rapimenti, pratica giudicata dall'Italia incompatibile con le regole dello stato di diritto. Già nel 2013, tra l'altro, Giorgio Napolitano concesse la grazia a Joseph Romano, colonnello americano coinvolto anch'esso nel caso Abu Omar.
Per Romani, il decreto concede la grazia totale della pena ancora da espiare, relativa alla condanna ad anni trenta di reclusione, inflittagli dopo il riconoscimento, da parte della Corte di appello, della sentenza thailandese di condanna alla pena di quaranta anni di reclusione (ridotti a trenta in Italia), per il reato di detenzione di sostanze stupefacenti. L'esecuzione della pena è in corso dal 17 aprile 2008, dapprima in Thailandia e dall'agosto 2014 in Italia.
Le tappe del caso Omar
17 febbraio 2003: scompare Hassan Mustafa Osama Nasr, noto come Abu Omar, imam egiziano della moschea di viale Jenner a Milano. La moglie ne denuncia subito il sequestro. Anni dopo, in una memoria scritta, lui stesso descriverà l'accaduto. "Camminavo a piedi da casa mia (?) e davanti a un giardino pubblico ho visto una Fiat rossa. L'autista veniva verso di me di corsa. Ha tirato fuori una tessera: sono della polizia (...) Un furgone bianco si è fermato vicino al marciapiede. Non ho capito niente, ho visto solo che due persone mi sollevavano di peso (...) Mi hanno legato piedi e mani, tremavo per le botte e dalla mia bocca è uscita schiuma bianca". Abu Omar, su cui la Procura di Milano stava indagando per il ruolo in organizzazioni fondamentaliste islamiche, viene portato alla base di Aviano e poi trasferito in Egitto.
24 giugno 2005: prende corpo l'idea che il blitz sia stato ideato dai vertici del Sismi e da un gruppo di agenti della Cia, per i quali vengono spiccati 13 ordini di arresto (saliranno poi a 26). Più volte i giudici chiederanno l'estradizione dei cittadini statunitensi.
5 luglio 2006: viene arrestato Marco Mancini, capo del controspionaggio militare, con l'accusa di concorso in sequestro di persona; con lui il funzionario del Sismi Gustavo Pignero. Dieci giorni dopo vengono liberati. Il direttore del Sismi Nicolò Pollari viene iscritto nel registro degli indagati.
16 febbraio 2007: il gup Caterina Interlandi manda a processo Pollari, Mancini e altre 32 persone, tra cui 26 agenti della Cia. Patteggiano il maresciallo dei Ros Luciano Pironi e il giornalista Renato Farina.
18 aprile 2007: la Corte Costituzionale dichiara ammissibili i ricorsi del Governo per violazione del segreto di Stato da parte della Procura di Milano; stesso giudizio a settembre al ricorso della stessa Procura sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della presidenza del Consiglio. Il 18 giugno e di nuovo il 31 ottobre il giudice Oscar Magi sospende il processo.
12 marzo 2008: i pm Armando Spataro e Ferdinando Pomarici accusano il governo di "ambiguità e incertezza" sul nodo del segreto di Stato. Romano Prodi afferma che fu Berlusconi a porre il segreto nel 2004 e di averlo confermato al passaggio delle consegne.
11 marzo 2009: la Consulta accoglie in parte il ricorso del governo, affermando che la Procura di Milano ha violato il segreto di Stato. Il giudice Oscar Magi mandare avanti ugualmente il processo.
27 maggio 2009: Pollari in aula si dichiara "totalmente estraneo" e afferma che della verità "sono perfettamente a conoscenza le autorità di governo".
30 settembre 2009: i pm chiedono 13 anni per Pollari e per l'ex capo della Cia in Italia, Jeff Castelli; 10 anni per Mancini, pene tra 10 e 13 anni per i 26 agenti della Cia.
4 novembre 2009: Pollari e Mancini vengono prosciolti in primo grado in virtù del segreto di Stato. Condanne tra 5 e 8 anni per gli agenti della Cia; condannati anche gli ex 007 Luciano Seno e Pio Pompa. Ad Abu Omar sarà riconosciuto un risarcimento di 1 milione di euro, 500 mila euro alla moglie.
29 ottobre 2010: il procuratore generale Piero De Petris chiede 12 anni in appello per Pollari e Castelli, 10 per Mancini, otto anni per gli altri agenti della Cia.
15 dicembre 2010: l'appello conferma il primo grado per Pollari e Mancini, che vengono dichiarati non giudicabili. Agli agenti della Cia vengono comminate pene tra i 7 e i 9 anni.
19 settembre 2012: la Cassazione stabilisce che Mancini e Pollari siano riprocessati. Il 12 febbraio 2013 vengono condannati rispettivamente a 9
22 novembre: parte il processo che vede Abu Omar imputato. La Procura di Milano chiede per Abu Omar una condanna a 6 anni e 8 mesi.