Thursday, July 23, 2015

O" MINISTRO ANDREA ORLANDO *******GIUSTIZIA ITALIANA***********

Dichiarazione di voto ddl anticorruzione art. 14 (corruzione tra privati), il mio intervento


Di seguito il mio intervento in dichiarazione di voto al ddl anticorruzione

Signor Presidente, colleghi, è con convinzione, ma anche con rammarico, che voteremo la fiducia apposta sull'articolo 14 di questo disegno di legge. Ci sono evidentemente in quest'Aula dei colleghi che ritengono che l'investitore internazionale, il prototipo, la figura mitica che è stata spesso utilizzata in questi mesi come riferimento e come anche motivazione di cause non sempre commendevoli, sarebbe interessantissimo a sapere quanto tempo ci mette a licenziare ipotetici dipendenti di ipotetiche imprese da aprire nel nostro Paese, mentre sarebbe sostanzialmente indifferente al fatto che, come dicono gli osservatori internazionali, il nostro è un Paese nel quale per aprire delle imprese è necessario dare delle tangenti.
Sarebbe indifferente al fatto che il nostro è un mercato alterato dalla presenza del fenomeno corruttivo. Va dato atto al Governo Monti di aver ricordato al Parlamento questo elemento, perché vorrei dire al collega Paolini che forse ora il Governo ha portato via il pallone, ma la partita che il centrodestra ci voleva far giocare su questo disegno di legge era una partita dove il pallone non era previsto, perché era semplicemente una serie di grida manzoniane priva di qualsiasi efficacia.
Mi chiedo quale sarebbe stato il segnale che poteva venire da quest'Aula, se fosse andato avanti l'iter privo dell'emendamento posto dal Governo e dal Ministro Severino, a livello internazionale di un Paese che licenziava una legge sulla corruzione sostanzialmente non attuando alcuna delle indicazioni contenuta all'interno delle Convenzioni internazionali che aveva liberamente sottoscritto, quella di Merida e quella di Strasburgo, non il diktat quindi di una struttura tecnocratica, ma il frutto di una trattativa e di un confronto internazionale al quale l'Italia aveva liberamente e consapevolmente partecipato e che dal 1999 rimaneva sostanzialmente inattuato.
Bene, dunque - credo - questo passo, giusto aver fatto questo sforzo. Non tutto quello che ci chiedono quelle Convenzioni è stato realizzato con questo provvedimento, lo dobbiamo dire. Riteniamo che resti l'obbiettivo dell'introduzione del reato di autoriciclaggio, così come riteniamo che sia da condividere e da sostenere la battaglia dell'Italia dei Valori per la reintroduzione del reato di falso in bilancio che riteniamo parte integrante di questo stesso provvedimento.
Tuttavia, stupisce il fatto che non si colga fino in fondo il merito che questi nuovi reati affrontano. Il traffico illecito di influenze non è, come in alcune leggende metropolitane, un modo per sanzionare chi fa le raccomandazioni. È esattamente, invece, uno strumento che offre al Paese la possibilità di intervenire su quel sistema di cricche e faccendieri che ha caratterizzato la storia recente del nostro Paese.
E l'asservimento di funzioni - lo sottolineo perché credo che sia uno strumento importante che è stato introdotto - consente oggi di affrontare quel fenomeno particolare che non è caratterizzato dall'intervento sul singolo provvedimento, ma dall'assoggettamento di pezzi di pubblica amministrazione da parte di interessi di carattere particolare. Allo stesso modo la corruzione tra privati è stata sottoposta ad una serie di critiche che sembrano partire - le abbiamo sentite anche questa sera - da un'idea medievale dell'assetto della proprietà.
Sostanzialmente si dice: perché lo Stato deve andare a vedere in casa del privato se c'è uno che fa la cresta? Deve andare a vedere in quella dimensione perché, se c'è quel fenomeno, c'è un'alterazione del mercato, quindi una lesione all'interesse di carattere generale. Soprattutto - questo è l'altro aspetto che credo vada sottolineato - c'è una rilevanza sociale ormai della proprietà, così com'è strutturata attualmente. Parliamo di società con partecipazioni azionarie, con legami di carattere obbligazionario. Parliamo di società il cui eventuale crollo o la cui eventuale crisi rischia di determinare effetti che vanno molto al di là della proprietà direttamente interessata.
Questi tre reati - lo dico perché noi non abbiamo mai ritenuto che il semplice aumento del numero dei reati corrisponda ad una maggiore efficacia nel contrasto di alcuni fenomeni - denotano la consapevolezza dello Stato e degli Stati che hanno elaborato le convenzioni internazionali e del fatto che la corruzione è profondamente cambiata nel corso di questi anni.
La corruzione non è più semplicemente la dazione di denaro nei confronti del pubblico ufficiale. C'è un sistema di reti, di relazioni, di triangolazioni occulte, forme di lobby più o meno esplicite che si costituiscono per orientare l'andamento dei poteri pubblici e per condizionare il loro funzionamento, anche spesso avvalendosi del supporto di mezzi d'informazione importanti e in grado di caratterizzare e di influenzare l'opinione pubblica di un Paese. La corruzione, insomma, è diventata non soltanto un fattore di vasta scala, ma anche un elemento che ha un'enorme rilevanza politica.
Oggi noi naturalmente con il provvedimento in esame non possiamo illuderci che daremo una risposta politica a questo fenomeno. Daremo degli strumenti in più. Questo è un disegno di legge che, per esempio, affronta anche il tema dei presupposti alla corruzione. Tuttavia, attraverso l'introduzione di questi reati, attraverso l'introduzione di questi strumenti, lo Stato dice che è consapevole del fatto che la corruzione è profondamente cambiata e che per fronteggiarla bisogna fotografarla così com'è, consentendo di intervenire anche in quell'area grigia che sta tra pubblica amministrazione e forme di criminalità conclamata.
Insomma, non basterà una legge. La risposta dovrà essere costruita anche sul terreno di una nuova autorevolezza delle istituzioni pubbliche e della riconquista di un'autonomia della politica e delle istituzioni politiche, insomma sul terreno della qualità della democrazia. Tuttavia, questo disegno di legge segna, a mio avviso, un passo significativo in avanti.
Io ho ascoltato le parole dell'onorevole Di Pietro in ordine alla questione della modifica del reato di concussione. Nel merito tecnico all'onorevole Di Pietro ha risposto la collega Ferranti in modo assolutamente puntuale. Però mi ha colpito molto nella sua narrazione, per usare un termine che va di moda, il racconto che lui faceva del fenomeno corruttivo. Non so se fosse quello davvero nel 1991-1994, cioè una società e un'economia vessate dalla politica. So che quella narrazione ha prodotto due fatti: pochissimi corrotti e condannati e nessun corruttore.
Quello che, invece, ritengo abbia provocato quella narrazione è questo: un turnover significativo delle classi dirigenti che considero - di questo ringrazio anche l'onorevole Di Pietro - un servizio reso al Paese, ma una sostanziale contiguità delle classi dirigenti economiche e finanziarie di questo Paese.
Penso che questo sia l'errore di valutazione che sta alla base. Su questo non c'è una distinzione tecnica, c'è una diversità di valutazione politica. Lo dico perché, se forse quella fotografia che faceva Di Pietro all'epoca aveva un senso, non ce l'ha oggi, perché raccontare di una politica che vessa l'economia e la finanza significa non raccontare la verità. Oggi il problema è che la politica, le istituzioni e la democrazia sono troppo deboli e troppo spesso soggiogate da interessi di carattere particolare.
Quindi, credo che oggi possiamo dare soltanto una prima risposta che va nella direzione giusta. Penso che dovremmo dare quella vera dando una lettura diversa e una capacità di restituire autorevolezza, anche attraverso processi di autoriforma, alla politica, alle istituzioni e alle modalità in cui si rappresenta il Paese. Credo che la stella polare sia ancora una volta la Costituzione repubblicana perché in fondo, introducendo questi tre reati, noi introduciamo tre strumenti che affermano dei principi fondamentali: l'imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione e la rilevanza sociale dell'impresa, la responsabilità di chi svolge una funzione imprenditoriale nei confronti di tutta la collettività.
Ci voleva forse anche questo passaggio per scoprire ancora una volta la modernità e l'importanza della Carta costituzionale di questo Paese.**********************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************

Il mio intervento in Aula: Iniziative per il recupero di proficue relazioni industriali con particolare riferimento a vicende ri


Signor Presidente, è con rammarico che non posso considerarmi soddisfatto, perché, pur dando atto al Governo di avere modificato profondamente la posizione in ordine al tema delle relazioni industriali rispetto al Governo che lo ha preceduto, cioè di avere ripristinato il principio liberale della neutralità rispetto alle parti sociali (dopo che chi l'aveva preceduto era diventato uno sguaiato tifoso di una delle parti in gioco), dobbiamo anche dire però che, quando si ragiona in termini di investimenti, di innovazione, dobbiamo confrontarci in sede politica e poi anche in sede legislativa su che cosa si intenda per innovazione. Noi riteniamo che l'innovazione sia anche la capacità di introdurre qualità democratica nei luoghi di lavoro. Noi consideriamo il fatto, insomma, che la nostra Carta costituzionale non possa interrompere la sua vigenza di fronte ai cancelli di un'impresa, e crediamo che faccia parte, appunto, della qualità (così come è avvenuto nei Paesi più evoluti dell'occidente) anche la capacità di assicurare coesione, diritti di cittadinanza fuori dai posti di lavoro e all'interno dei posti di lavoro. È questa impostazione che ci fa dire che vanno respinte - signor Viceministro - alcune dichiarazioni, o almeno ci saremmo attesi prese di posizione esplicite da parte del Governo rispetto a dichiarazioni che hanno spiegato come le assunzioni, che fino ad oggi sono avvenute a Pomigliano, corrispondano ad un criterio di sola qualità di chi è stato riassunto, così statisticamente introducendo un criterio secondo il quale tutti gli iscritti alla FIOM sarebbero sostanzialmente degli incompetenti (il che è difficile da dimostrare dal punto di vista statistico e scientifico). Questo tipo di dichiarazioni fanno, a mio avviso, pendant con un atteggiamento che credo il Governo debba respingere con una moral suasion, una capacità di condizionamento politico prima ancora che con strumenti di carattere legislativo. Da qui anche l'elemento di insoddisfazione perché lei ci ha sostanzialmente confessato l'assenza di strumenti concreti per poter intervenire ed è un'assenza che forse si è determinata dal fatto che nel corso di questi anni avevamo tanti problemi ma questo pensavamo di averlo risolto. Questi episodi ci riportano ad un Paese che pensavamo di aver lasciato alle nostre spalle, quello degli anni Cinquanta. Noi crediamo che certamente si debba intervenire con strumenti legislativi, ma probabilmente (è l'interrogativo che ci dobbiamo porre e che poniamo anche al Governo) non è possibile attendere soltanto la sentenza di un organo giurisdizionale. Probabilmente proprio oggi, mentre si discute di come restituire un nuovo assetto agli ammortizzatori sociali, di quali strumenti si intenda dare all'intervento che può accompagnare il rilancio nel nostro Paese del mercato del lavoro, in questo momento c'è da interrogarsi se invece vi siano strumenti nuovi che vadano introdotti proprio in quest'ambito. Contemporaneamente, mentre ci si interroga su questo elemento, cioè se chi in qualche modo usufruisce di risorse pubbliche direttamente o indirettamente sia anche tenuto e condizionato ad un comportamento pienamente corrispondente allo spirito costituzionale, c'è da interrogarsi su un altro punto. Intanto che attendiamo la nuova legge; davvero non è possibile far nulla dal punto di vista dell'iniziativa politica? Nel momento in cui la FIAT viene chiamata (do atto a questo Governo del fatto che chiama la FIAT, un fatto non scontato perché quello precedente non si poneva neanche il problema di farlo) per verificare se effettivamente gli impegni che sono stati assunti dal punto di vista degli investimenti saranno rispettati, ebbene, il Governo credo che debba porre attenzione anche a questo tema e mi riferisco al rispetto pieno delle indicazioni del contenuto della nostra Costituzione. Faccio questo appello perché davvero noi abbiamo vissuto una stagione nella quale avere un passaporto, un posto di lavoro, una casa poteva essere condizionato alle opinioni politiche e sindacali. L'abbiamo lasciata alle spalle, grazia al fatto che molta magistratura e la politica hanno cominciato a dire che la Carta costituzionale non aveva una valenza soltanto programmatica, ma doveva essere intesa come un precetto che doveva venire attuato quotidianamente. In quel caso quella mancata attuazione della Costituzione avveniva con la complicità e con il sostegno politico delle pubbliche autorità. Non sarebbe meno grave se, invece, ciò oggi avvenisse anche nel silenzio, nella disattenzione o comunque nell'inerzia delle pubbliche autorità, del Governo e del Parlamento. Non sarebbe peggio perché noi sappiamo oggi che un grande soggetto economico e finanziario è in grado di incidere sui diritti di cittadinanza ed è in grado di ledere i diritti costituzionali, forse più delle pubbliche autorità in alcuni casi. Da questo punto di vista, non ce la possiamo cavare - uso il plurale in quanto parlo come membro della maggioranza che sostiene questo Governo e parlo come membro di un Parlamento che ha una responsabilità collettiva - semplicemente dicendo che non abbiamo gli strumenti. Se questi strumenti non li abbiamo, ce li dobbiamo costruire e, mentre li costruiamo, dobbiamo iniziare ad utilizzare tutta la capacità di iniziativa politica che può consentire di evitare che la vicenda FIAT diventi un pericoloso precedente. Infatti, davvero questo Paese ha bisogno di innovazione e di modernità e per tale motivo non si può far ripiombare lo stato delle relazioni sociali e democratiche al primo decennio dopo la Seconda guerra mondiale.**********************************************************************************

No comments:

Post a Comment