Friday, October 30, 2015

*******Mazzette in cambio di appalti: in manette imprenditore isernino. Nei guai due funzionari pubblici*******

Corruzione a Isernia: Operazione Larus
Mazzette in cambio di appalti: in manette imprenditore isernino. Nei guai due funzionari pubblici
Giuseppe Favellato è stato catturato questa mattina dagli uomini del Ros di Campobasso. E’ il titolare di un’azienda di Fornelli - la Edilmoviter - ed è accusato di corruzione. Avrebbe pagato tangenti a un funzionario del Consorzio Industriale di Pozzilli e a un dirigente del Comune di Isernia per pilotare, grazie alla loro complicità, l’assegnazione di appalti pubblici. Secondo il procuratore capo della Repubblica di Isernia, Paolo Albano "i due pubblici ufficiali erano totalmente asserviti ai voleri di questo imprenditore" il quale ringraziava versando denaro sui loro conti correnti, tramite un sistema di false fatture o mediante generose donazioni alla proloco presieduta dal dirigente comunale.
Isernia. Mazzette a funzionari pubblici in cambio di appalti. E’ questa l’accusa che ha portato in carcere - su ordine del giudice delle indagini preliminari di Isernia -Giuseppe Favellato, imprenditore isernino, titolare della Edilmoviter di FornelliL’uomo è stato arrestato questa mattina (29 ottobre) dal Reparto Operativo Speciale dei Carabinieri di Campobasso. Oltre alla cattura di Favellato, sono stati recapitati a due funzionari pubblici i provvedimenti di sospensione dal loro incarico. Si tratta di un dirigente del Comune di Isernia, Roberto Bucci, e di un funzionario del Consorzio Industriale di Pozzilli, Pasquale Carruolo.

L’indagine è stata condotta dalla Procura di Isernia, coordinata dal procuratore capo Paolo Albano e dal suo sostituto Federico Scioli. Un’indagine nata in realtà da un lavoro del Ros che era stato incaricato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di verificare l’eventuale esistenza di infiltrazioni mafiose nel mondo degli appalti pubblici, in particolare nel filone legato allo smaltimento dei rifiuti pericolosi. E proprio conducendo questo tipo di inchiesta i carabinieri si sono imbattuti nei due episodi - che non avrebbero nulla a che fare con le attività mafiose - su cui poi i magistrati di Isernia hanno lavorato a lungo.

Il primo episodio riguarda l’appalto bandito dal Comune di Isernia nell’aprile 2014 per l’affidamento di alcuni lavori sulla rete dei trasporti pubblici urbani. Stando all’accusa il dirigente del Municipio Roberto Bucci avrebbe intascato mazzette da Favellato per predisporre il bando di concorso in modo tale da favorire l’aggiudicazione della gara alla Edilmoviter. Oltre ad anticipare la gara, lo stesso avrebbe anche cercato di piazzare le sue ’pedine’ nella commissione che avrebbe affidato i punteggi alle imprese candidate per l’appalto. L’indagine, da quanto si apprende, non è ancora chiusa. Altri soggetti, tra cui un docente universitario, sarebbe coinvolti. Il procuratore capo Albano, al termine della conferenza stampa, ha detto che Favellato «non avrebbe mai potuto vincere un appalto per il trasporto pubblico urbano» se quella gara non gli fosse stata cucita addosso1

Il secondo episodio vede sempre protagonista l’imprenditore di Fornelli il quale avrebbe comperato, a suon di mazzette, la complicità di Pasquale Carruolo, funzionario del Consorzio Industriale di Pozzilli il quale, in virtù del suo ruolo (è responsabile della rete idrica e della manutenzione degli impianti), sarebbe riuscito a far passare per «urgenti» alcuni lavori di risistemazione dell’area del Consorzio in modo da affidare l’incarico per chiamata diretta e non tramite regolare gara d’appalto. Incarico che è poi stato assegnato alla Edilmoviter.
Secondo il procuratore Albano «i due pubblici ufficiali erano totalmente asserviti ai voleri di questo imprenditore» che ringraziava versando tangenti sui loro conti correnti, tramite un sistema di false fatture o mediante generose donazioni alla proloco di cui il dirigente comunale era presidente.
(Pubblicato il 29/10/2015)*******************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************I particolari dell'inchiesta Alta Tensione
Frode milionaria e truffe con fondi pubblici, in arresto Scarabeo. "L’assessore ha derubato la sua Regione"
Ai domiciliari col fratello Gabriele per frode fiscale e truffa ai danni della Regione. Diversi milioni evasi ma anche fondi pubblici ottenuti grazie a documenti fasulli. Al centro dell’operazione l’azienda Elcom della famiglia Scarabeo della quale, secondo gli inquirenti, l’assessore Massimiliano era di fatto il presidente e il deus ex machina malgrado non avesse cariche formali. Perquisti uffici regionali e le sedi della dittà. Le indagini proseguono, gli indagati sono almeno 7 complessivamente.

Quando nella sua residenza dorata di Venafro sono arrivati gli uomini della Guardia di Finanza di Isernia, all’alba di martedì 23 giugno, Massimiliano Scarabeo era «sorpreso ma tranquillo». Non è andato in escandescenza, non ha gridato, almeno secondo il racconto di chi gli ha messo sotto agli occhi l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip. Su quelle pagine le parole che hanno cambiato la sua storia politica in modo drastico: arresti domiciliari per l’assessore della Regione Molise, che dal 2013, quando è stato eletto presidente Paolo Di Laura Frattura, occupa la poltrona alle Attività Produttive, al credito e al marketing territoriale. E’ esattamente il campo nel quale, secondo gli inquirenti coordinati dal Procuratore capo di Isernia Paolo Albano, si è consumata la truffa e la frode che insieme con il fratello Gabriele lo vede principale indagato nell’inchiesta “Alta Tensione”

False fatture, stratagemmi per frodare il fisco e giochi di prestigio che avrebbero consentito alla Elcom - l’azienda di famiglia del gruppo Scarabeo di cui Massimiliano, stando alle indagini, è presidente di fatto pur non avendo formalmente la carica - dievadere l’Iva per oltre un milione e duecentomila euro, di sottrarre alla tassazione cinque milioni di euro e di incassare di straforo quasi un milione e mezzo di euro grazie a maggiorazioni di imposta. Ma non è solo questo, non è tanto questo. Nel suo giorno più nero è il doppio ruolo di imprenditore e politico quello che gli costa la faccia e probabilmente la carriera

La Finanza infatti ha accertato che proprio la Elcom, dunque Massimiliano Scarabeo, haingannato la Regione Molise facendosi erogare 122mila euro per l’acquisto di macchinari che in azienda già c’erano. Macchinari per l’innovazione per i quali la società, della quale sono indagati l’amministratore delegato e alcuni dirigenti con funzione di prestanome, oltre ad altri esponenti della famiglia, ha presentato fatture e rendiconti falsi. 

Così la Guardia di Finanza ricostruisce la vicenda. Nel 2012 Scarabeo era già consigliere regionale. In quel periodo la sua azienda chiese di accedere ai finanziamenti del programma regionale per l’innovazione e lo sviluppo allo scopo di rinnovare il parco macchinari delle proprie aziende, in particolare per acquistare ex novo almeno sei avvolgitubi e un montacarichi. Costo complessivo: 122mila euro

I soldi finirono effettivamente nelle casse della Elcom nel 2013, quando Scarabeo era ormai diventato assessore alle Attività Produttive della Giunta Frattura. La Guardia d Finanza però ha scoperto che malgrado il finanziamento pubblico quei macchinari non sonomai stati acquistati, anzi: i responsabili dell’azienda avevano semplicemente camuffato vecchi avvolgitubi in loro possesso da decenni spacciandoli per il nuovo materiale acquistato grazie ai soldi regionali. E i bonifici presentati agli uffici tecnici della Regione per dimostrare l’avvenuto acquisto delle nuove macchine erano bonifici fasulli, cioè elargiti a prestanome che restituivano le somme alla Elcom

E’ stato questo giro “fra amici” che la Finanza ha ricostruito e seguito come nel gioco dellescatole cinesi, accertando – durante i controlli dell’inverno 2014 – che la Elcom non aveva comprato un bel niente e che anzi, spacciare vecchi macchinari e attrezzature nelle diverse sedi del Gruppo per farsele finanziare con fondi pubblici, era un sistema abituale per i due fratelli, a capo di una realtà imprenditoriale importante e con sedi da Varese a Pistoia, da Venafro a Isernia e Termoli. E che gli acquisti erano fittizi e secondo le fatture presentate i macchinari erano stati venduti alla Elcom da imprese di pulizia. In magazzini in parte dismessi e in parte ancora funzionanti sono state recuperate e sequestrate macchine elettriche e non solo, strumenti adatti a una truffa perfino grossolana secondo l’accusa, che si basa su un meccanismo semplificato e conta sull’assenza di controlli. 

Controlli che invece sono arrivati, come proprio Primonumero.it ha scritto a febbraio 2015, quando il nucleo di polizia tributaria di Isernia della Finanza ha fatto irruzione nella sede centrale acquisendo conti, bilanci e fatture della Elcom Spa, società che fa capo al padre, alla moglie e al fratello dell’assessore regionale alle Attività Produttive Massimiliano Scarabeo.
fiscale era emersa, già in quella sede,un’evasione milionaria relativa agli anni tra il 2012 e il 2014.


Ora la posizione di Massimiliano Scarabeo si complica. «L’assessore ha truffato la sua Regione come un padre che rompe il salvadanaio del suo bambino»: usa parole dure il procuratore capo della Procura di Isernia, Paolo Albano, nel corso della conferenza stampa in cui sono stati illustrati i dettagli dell’operazione condotta dalle Fiamme gialle che questa mattina - martedì 23 giugno – hannoarrestato l’assessore regionale Massimiliano Scarabeo e il fratello Gabriele. Ancora più dure le parole del Gip per cui «i fatti dimostrano l’ambiguità e la falsità della sua personalità». Nell’ordinanza di custodia cautelare si stronca qualsiasi dubbio circa l’ipotetica buona fede e l’ipotetico ruolo marginale nella frode del politico venafrano con tessera Pd. «Pur essendo stato investito dalla fiducia degli elettori- si legge nell’ordinanza - ha perseguito il proprio personale arricchimento invece che l’interesse pubblico».


La Guardia di Finanza è rimasta per più di quattro ore questa mattina nella sede dell’assessorato delle Attività produttive della Regione Molise, effettundo una perquisizione approfondita e sequestrando decine di documenti ma anche tre computer in uso allo stesso assessore e alla sua segreteria. Durante l’operazione negli uffici dell’assessorato è arrivato per qualche minuto anche uno dei legali di Scarabeo, l’avvocato Mariano Prencipe.
Prencipe e Danilo Leva, parlamentare Pd e anch’egli difensore di Scarabeo, hanno fatto sapere che «Scarabeo viene coinvolto quale presunto amministratore di fatto di alcune imprese, ma il caso non ha ad oggetto l’azione amministrativa o politica dello stesso. Convinti dell’assoluta estraneità di Scarabeo ai fatti contestati al più presto sarà presentato ricorso al Tribunale del Riesame di Campobasso avverso una misura che consideriamo profondamente ingiusta». 

L’inchiesta è ancora in corso e ci sono altri capitoli in fase di scandaglio, fra cui quello suFunivie Molise.
(Pubblicato il 23/06/2015)************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************Alta Finanza - Il patron delle griffe in manette
Crac da 61 mln di €: arrestato Tonino Perna, venti indagati. Sequestrati ville, yacht e denaro
L’operazione della Guardia di Finanza, su disposizione della Procura di Isernia, ha trasferito nel penitenziario l’imprenditore 67enne e disposto l’interdizione dai pubblici per un commercialista e due avvocati delle società del gruppo. In queste ore si stanno sequestrando beni di lusso e conti correnti riconducibili a Perna: ville a Capri, Portocervo e a Roma, uno yacht e conti correnti per centinaia di migliaia di euro. Bancarotta fraudolenta e danni patrimoniali per oltre 60 milioni di euro alla Ittierre, dichiarata fallita e in regime di commissariamento. Perna, fratello di Remo socio privato dello Zuccherificio, era fino a poco tempo fa l’amministratore delegato della It Holding di Pettonarello del Molise, che produce capi di abbigliamento per importanti stilisti nazionali e internazionali.
Tonino Perna, 64 anni
Isernia. Bancarotta fraudolenta per un crac di 61 milioni di euro. E poi reati fiscali, in particolare emissione di fatture per operazioni contabili inesistenti. Sono i principali capi di imputazione che vengono contestati a Tonino Perna, imprenditore isernino fratello di quel Remo che detiene la maggioranza delle quote allo Zuccherificio del Molise, per anni simbolo dell’efficienza economica molisana anche se, a guardare le vicende imprenditoriali del 64enne, risulta evidenza come le diverse attività intraprese nel ramo tessile abbiano beneficiato sempre e in maniera massiccia di finanziamenti pubblici e amicizie politiche.

- Venti indagati, tre interdizioni dai pubblici uffici
A capo della It Holding, società che controllava fino a pochi mesi fa la Ittierre di Pettoranello del Molise, maison produttiva per prestigiosi marchi d’alta moda nazionali e internazionali, Tonino Perna è stato arrestato dalla Guardia di Finanza di Isernia nel pomeriggio di domenica 8 gennaio, nella sua abitazione di contrada San Leucio,nella città pentra. Il provvedimento di custodia cautelare è stato emesso dal gip del Tribunale di Isernia, Roberta D’Onofrio su richiesta del Procuratore capo Paolo Albano, ed eseguito dalla Guardia di Finanza.

Nell’ambito della stessa operazione sono state disposte tre misure di interdizione dell’esercizio della professione nei confronti di tre ex amministratori delle società del gruppo It Holding. Società, con in primis una con sede in Lussemburgo, tutte fallite per il buco da oltre sessanta milioni di euro causato, secondo gli investigatori, da una gestione fraudolenta dei fondi e della contabilità.
Si tratta del commercialista Simone Feig, dell’avvocato Antonio Di Pasquale e di Maurizio Negro, indagati per i medesimi reati contestati a Tonino Perna. Complessivamente nel registro degli indagati sono stati iscritti venti nomi.

Tonino Perna, l’unico per il quale è stato disposto il carcere preventivo per pericolo di inquinamento probatorio e fuga, è nel mirino degli inquirenti per numerose condotte distrattive che avrebbero progressivamente portato al depauperamento del gruppo It Holding, portandolo al fallimento. Da gennaio 2009 il gruppo si trova in amministrazione controllata, e da gennaio 2011 è passato nelle mani del gruppo Albisetti che fa riferimento all’imprenditore Bianchi.

- I pm: "Dissipati 212 miliardi a beneficio dello stesso Perna"
I Pm nel loro dossier scrivono come alla fine degli anni ’90 il gruppo, con la quotazione in Borsa, avesse raccolto circa 212 miliardi di vecchie lire. Un patrimonio interamente dissipato, tra il 2000 e il 2008, attraverso una serie di cessioni infragruppo in perdita, operazioni fittizie, condotte distrattive aventi come unico beneficiario lo stesso Perna. Come per esempio l’affitto di una sontuosa villa a Capri, con giardino di diecimila metri quadrati, della società Proprietà del Fortino, riconducibile secondo gli inquirenti allo stesso ex numero uno di It Holding. Centinaia di migliaia di euro di canone pagati, ufficialmente, per un immobile destinato a ospitare le sfilate di alta moda legate all’attività del gruppo It Holding, ma che in realtà, sarebbe stata utilizzata a esclusivo beneficio di Perna. Tra le società utilizzate per portare a termine tali operazioni c’é la lussemburghese PA Investment, attualmente in amministrazione controllata. La società sarebbe stata utilizzata da Perna per il Progetto Marina Piccola, l’acquisto, sempre a Capri, per 4 miliardi di lire di un hotel finito all’asta giudiziaria. L’operazione si sarebbe conclusa con una perdita di 2,5 milioni di euro, a causa della rinuncia della società a un credito di pari importo, sempre in favore di Perna.


- Stipendio raddoppiato nel clou della crisi finanziaria
I Pm contestano a Perna anche di essersi fatto aumentare, quando lo stato di crisi finanziaria del gruppo It Holding era già divenuto fin troppo chiaro lo stipendio a lui destinato in qualità di presidente del cda, facendolo lievitare da 500mila euro e 1,4 milioni. Tra le contestazioni figurano anche consulenze fittizie per centinaia di migliaia di euro affidate a società che in realtà non hanno mai prestato al gruppo di Perna alcuna prestazione. E’ il caso della società Paro srl, destinataria di un compenso di 350mila euro per consulenze. Tra i beni sequestrati dalla Guardia di Finanza nel corso dell’operazione che ha portato in carcere Perna c’é anche lo yacht Blue Way dell’imprenditore. La contestazione di fatturazione di operazioni inesistenti si riferisce a una transazione a Hong Kong. 

«E’ stato dissipato un enorme patrimonio di denaro, in parte proveniente da aiuti pubblici» ha precisato il Procuratore capo di Isernia, Paolo Albano, illustrando i dettagli della questione nel corso di una conferenza stampa in tarda mattinata, quando la notizia aveva già monopolizzato l’informazione regionale approdando anche sulle cronache di giornali telematici e telegiornali di respiro nazionale.


- Sequestrati ville sontuose, uno yacht, conti con centinaia di migliaia di euro
Perna, ricorda una nota delle Fiamme gialle, è stato al vertice del gruppo societario It Holding operante nel settore tessile e ritenuto di assoluta rilevanza nel campo della moda, per aver prodotto capi di abbigliamento con i marchi delle più famose griffe nazionali, quali Gianfranco Ferrè, Malo, Romeo Gigli, Just Cavalli, Dolce & Gabbana ed altre. Su disposizione dell’autorità giudiziaria di Isernia, sono in corso ulteriori attività finalizzate al sequestro preventivo di beni riconducibili all’imprenditore. In particolare, sono stati posti sotto sequestro tre immobili a Capri, tra cui una sontuosa villa, una casa in pieno centro a Roma, in via dei Greci 34, un’altra villa a Porto Cervo, uno yacht e conti correnti per centinaia di migliaia di euro. A richiedere e ottenere il provvedimento di custodia cautelare a carico dell’ex numero uno del gruppo dell’alta moda It holding è stato il procuratore di Isernia, Paolo Albano con i pm Federico Scioli, Marco Gaeta ed Alfredo Mattei.
Commercial time remaining: 00:00


- Ascesa e declino del "re" del tessile
L’ascesa di Tonino Perna era cominciata all’inizio degli anni Settanta quando, col fratello Remo, fondò a Pettoranello del Molise la “Pop ‘84” marchio del gruppo industriale che per un po’ aveva viaggiato col vento in poppa e sembrava destinata a diventare la prima azienda molisana per fatturato e volume d’affari. Ma la “favola” s’infranse all’inizio degli Anni Novanta, quando si scoprirono debiti bancari per 200 miliardi di lire e perdite a bilancio per 100 miliardi. Per evitare il fallimento dell’azienda tessile si fecero avanti tutti gli enti pubblici: la Gepi (50 miliardi di aiuti), la Finmolise (1,2 miliardi) la Regione Molise (15 miliardi). Ma non ci fu nulla da fare: nel 1993 la Pantrem, società che deteneva il marchio Pop84 oltre alle linee d’abbigliamento targate “Edwige Fenech” e Quarry, fallì con un buco di 350 miliardi di lire, strascichi giudiziari e migliaia di disoccupati.

All’inizio del Duemila nasce Ittierre SpA, controllata da IT Holding SpA dal 2001, di cui Tonino Perna è stato presidente e amministratore delegato fino a febbraio 2009. Obiettivo dichiarato: offrire ai marchi più prestigiosi del made in Italy una struttura produttiva e commerciale in grado di sostenere la notorietà del brand. Le cose tuttavia non funzionano come annunciato, tanto che Ittierre S.p.A. viene acquisita nel gennaio del 2011 da Albisetti, società guidata da Antonio Bianchi, e Tonino Perna esce di scena, anche in seguito a problemi giudiziari che lo vedono indagato per aggiotaggio e altri reati.
Per anni e anni simbolo del Molise produttivo più efficiente, osannato dalla classe politica con ben poche eccezioni, insignito del titolo di “Cavaliere del lavoro”, Tonino Perna è stato presidente dell’Associazione degli Industriali del settore tessile abbigliamento del Molise dal 1992 al 1994 e dell’Associazione degli Industriali del Molise dal 1995 al 1998, nonché membro della Giunta di Confindustria. Dal 1996 al 1998 è stato presidente della Banca Popolare del Molise SpA. Da dicembre 1999 membro del Consiglio Internazionale dei Direttori del Solomon R. Guggenheim Museum di New York, nel febbraio 2000 è stato insignito della laurea honoris causa in economia dall’Università del Sannio di Benevento.

«Dopo la Parmalat è la più importante operazione per reati finanziari condotta in Italia»: lo ha detto il procuratore di Isernia, Paolo Albano, nel corso della conferenza stampa per illustrare i risultati dell’operazione condotta dalla Gdf di Isernia ’Alta finanzà, che ha portato all’arresto di Tonino Perna, 64enne di Isernia, fondatore e presidente della It holding.******************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************************Inchiesta Black Hole
Favori, pressioni, appalti pilotati: il ruolo dei politici
Sono venti gli amministratori pubblici sotto inchiesta. Ecco, caso per caso, gli episodi in cui sono coinvolti e le accuse mosse. Da Iorio a Velardi, da Sabrina De Camillis ad Anacoreta, da Vitagliano a De Felice.
Termoli. Un dato, prima di tutto. Sui 112 indagati nella maxi inchiesta di Black Hole, venti sono amministratori o ex amministratori pubblici. In pratica: il 18 per cento. E non è una percentuale trascurabile.
Che i legami fra politica e sanità in Molise siano saldissimi, non è certo un fatto nuovo. Ma che una fetta tanto ampia dei personaggi finiti nella rete degli inquirenti appartenga alla cosiddetta “classe dirigente molisana” è una percentuale sconcertante e, proprio per questo, merita un chiarimento. Perché, va precisato, non tutti i politici sono accusati nello stesso modo e degli stessi reati. Non tutte le posizioni, cioè, sono ugualmente compromettenti come potrebbe apparire agli occhi di un profano che si trovi a spulciare il lungo elenco di nomi in premessa alla notifica di conclusione delle indagini preliminari. Un esempio per tutti: l’ex sindaco di Termoli e parlamentare dell’UdcRemo Di Giandomenico deve difendersi da una sfilza di accuse che sfogliano decine di pagine del codice penale e vanno dall’associazione a delinquere alle violazioni alla legge sull’immigrazione clandestina passando per frode, peculato e concussione. Per gli inquirenti l’influente politico termolese avrebbe favorito l’assunzione di accoliti della moglie Patrizia all’interno della Asl, avrebbe ‘foraggiato’ quella fantomatica associazione che era il Cesad a spese del Comune, si sarebbe adoperato per fare in modo che alcuni lavori pubblici venissero affidati a imprenditori segnalati dalla consorte e avrebbe intrattenuto rapporti di affari con i rappresentanti sanitari,  assicurando alla ditta il suo interessamento in cambio di vantaggi economici per la famiglia. Non solo: avrebbe sfruttato il suo potere di sindaco per farsi pagare viaggi negli Usa, e la sua influenza di parlamentare per gettare discredito sul capitano dei carabinieri di Termoli Fabio Muscatelli con una interpellanza al ministero dell’Interno (quella ormai famosa, del 2004), “reo” di stare indagando sulla moglie.
Diverso, invece, almeno agli occhi della legge, è il caso della sua ex vice, Maria Laura Pace, finita nei guai ‘solo’ per abuso d’ufficio e falso ideologico.
 
Andiamo con ordine. Il nome di spicco, fra le new entry dell’inchiesta, è quello Michele Iorio. Il presidente della Regione è accusato di aver abusato dei suoi poteri travalicando il limite di quello che gli era consentito fare in virtù della sua carica pubblica. Patrizia De Palma, “regina” dell’indagine e principale indiziata per l’associazione a delinquere assieme al marito Di Giandomenico, lo cita spesso. Come quando, per esempio, preoccupata di intascare la promozione del dottor Di Paola, procacciatore di pazienti a lei e di voti elettorali al marito, dice al telefono: «Quindi devo telefonare a Iorio, io telefono a Iorio, figuriamoci se mi faccio scrupolo!». Figuriamoci se si fa scrupolo. E del resto Iorio, sempre lui, ricorre di frequente nelle conversazioni tra la dottoressa e lo stesso Di Paola, i quali ce l’hanno a morte con l’ex dirigente della Asl Verrecchia perché non si sbriga a fare la delibera di nomina a Di Paola come responsabile del distretto sanitario di Larino. E Di Paola, uno che conosce bene i meccanismi, si lamenta: «Quello, dottore’, è in simbiosi con Iorio io modo… da sempre». 
E’ proprio questa simbiosi  che ha messo nei guai il Governatore. Il quale, con tutta la sua Giunta dell’epoca, il 5 gennaio 1998 «con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e violando tutte le norme disciplinanti il concorso alla nomina e la nomina a direttore di Asl, nominavano Mario Verrecchia direttore generale della Asl 4 Basso Molise». La persona che avrebbe dovuto ricoprire quell’incarico si chiama Rosario Di Lisio: aveva tutte le carte in regola e infatti aveva vinto il concorso. Non solo: nell’autunno dell’anno precedente la commissione esaminatrice aveva giudicato insufficiente per quel ruolo Mario Verrecchia, stabilendo che la sua laurea in lettere e filosofia non andava bene e che il candidato non possedeva nessuna esperienza dirigenziale. Verrecchia però non ha mai perso le speranze di diventare dirigente Asl in Basso Molise. E la sua ‘tenacia’ è stata premiata. La Giunta regionale guidata da Iorio infatti revoca l’incarico – legittimamente ottenuto – al dottor Di Lisio, ex dirigente dell’Asl di Padova, e lo assegna a Verrecchia, procurandogli «un ingiusto vantaggio soprattutto patrimoniale con l’attribuzione di un incarico manageriale ad altissima retribuzione economica». La Giunta è formata, oltre che dal presidente, dagli assessori Colalillo Nicolino, D’Ambrosio Alfredo, Di Iorio Alfonso, Di Stefano Angelo, Giorgetta Giovanni (ora commissario straordinario della Asl), Torraco Massimo Romano, Di Renzo Giovanni. Tutti indagati per abuso d’ufficio. La giustizia stabilirà se sono colpevoli. Intanto i molisani restano con una domanda impossibile: se la Asl n. 4 fosse stata affidata a Di Lisio, così come doveva avvenire, i conti pubblici sarebbero nelle stesse condizioni di oggi?
 
L’attuale assessore regionale Luigi Velardi è invece indagato sia in qualità di ex assessore regionale alla Sanità che di dirigente bancario. Le accuse: concussione aggravata, violazione alle norme valutarie. Secondo la Procura di Larino Velardi, con Patrizia De Palma e Remo Di Giandomenico, avrebbe indotto Esterino Policella, appaltatore di servizi presso alla Asl Basso Molise e al Comune di Termoli, ad acquistare il pane per gli ospedali di Termoli e di Larino da un amico comune in cambio di appalti. Velardi avrebbe anche versato a Gino Di Rienzo, residente in America, 128.250 dollari per un’operazione immobiliare in Arizona dei coniugi Di Palma e Di Giandomenico. Operazione, questa, hanno ricostruito gli inquirenti, «effettuata tramite la Bls diretta da Gino Velardi, che a mezzo di parziali bonifici scaglionati nell’arco di alcune settimane ed effettuati a nome dello stesso Policella o di suoi prestanomi» con l’obiettivo di «evitare, complice il dirigente della Banca Velardi, il controllo dell’Ufficio cambi». 
 
Corruzione è invece il capo d’accusa che grava su Gianfranco Vitagliano, attuale assessore regionale alla Programmazione, il cui nome ricorre spesso nelle intercettazioni telefoniche e ambientali degli indagati. Ma il ruolo al quale lo inchiodano gli investigatori non sarebbe di primo piano. Vitagliano avrebbe segnalato manodopera all’imprenditore Esterino Policella, che avrebbe accettato in cambio di appalti e della promessa di un finanziamento pubblico regionale per l’acquisizione o la partecipazione alla società Fruttagel di Larino. In pratica, ricostruisce la Procura: “Tu mi assumi tizio e caio, io ti faccio avere i soldi dalla Regione”.
 
Abuso d’ufficio contro Sabrina De Camillis e Antonio Pasquale Potena. Tutti e due di Larino, lei oggi è parlamentare, lui medico in pensione. Quando si sono svolti i fatti, erano entrambi consiglieri comunali nella cittadina frentana, in quota a Forza Italia. Sabrina De Camillis era anche consulente di Michele Iorio, ed è in virtù di questo incarico privilegiato che dice, al telefono, a Enzo Nuzziello, rappresentante di una ditta di prodotti ospedalieri e farmaceutici: «Senti, oggi ci saranno forse novità. Molto probabilmente riusciamo a far fare la delibera per la Lungodegenza a Potena..». E lui: «Va bene, quindi aspettiamo in questi giorni?» E lei: «E poi… sì, poi ci sentiamo insomma, perché questa se dovesse essere fatta oggi, io poi dirò a Verrecchia di… con urgenza di nominare comunque responsabile Potena fino all’espletamento del concorso… e quindi poi Potena avrà la responsabilità di strutturare un po’ tutto».
Obiettivo raggiunto, a quanto pare. «De Camillis, a seguito di pressanti richieste e di intesa con gli imprenditori privati (interessati all’allestimento del reparto di lunga degenza dell’ospedale di Larino) e con il medico Antonio Potena, sollecitava ed otteneva da Verrecchia la nomina di Potena a responsabile della lungo degenza di Larino con l’impegno da parte del medico di assecondare e determinare l’affidamento della commessa a Formedical/Meditec».L’inchiesta è trasversale e non salvaesponenti del centrosinistra. Come l’ex sindaco di Larino Nicola Anacoreta(Italia dei Valori), che in una conversazione telefonica con Verrecchia (quest’ultimo intercettato) gli chiede di incontralo “fuori dalle sedi ufficiali” e “prima di fare una guerra” e minaccia di inoltrare apposite denunce già preparate perché «a loro del centrosinistra li stanno trattando male, le assunzioni per dire… mo’ non mi fare dire un sacco di cose per telefono, non parliamo per telefono…»; in pratica per «assecondare richieste di illecite assunzioni di personale presso la Asl per ragioni politico-clientelari».  
 
Di centrosinistra era anche Enrico Di Felice, ex vicesindaco di Guglionesi della Giunta Bellocchio, accusato col fratello Liberato (attuale segretario di Vitagliano) di concorso in concussione.
La vicenda è confusa, e nasce da alcuni colloqui tra Di Felice Enrico e Policella su un incontro con  alcuni imprenditori del nord interessati a fare un inceneritore in Basso Molise. L’incontro si sarebbe dovuto svolgere all’inizio del luglio 2004 nell’ufficio di Policella. La loro intenzione, d’accordo con Di Giandomenico, era quella di strappare agli imprenditori una tangente. Così, almeno, emerge dalle conversazioni telefoniche, nelle quali si fa riferimento a quello «che gli imprenditori devono dare» e si stabiliscono perfino le ripartizioni:  il 30 per cento a Di Giandomenico, il 20 per cento a loro tre. Nessun riferimento su chi si deve spartire il restante 50.
 
 
Ci sono poi gli ex assessori della Giunta di Remo Di Giandomenico, con le accuse  di abuso d’ufficio e falso ideologico. Pace Maria Laura, D’Arienzo Domenico,  De Fenza  Agostino,  Franzese Antonio, Mancini Mario,  Tanassi Antonio. Il 22 febbraio del 2005 hanno firmato, naturalmente col sindaco, una delibera con la quale si decideva di far pagare al Comune di Termoli le spese legali per la difesa di Ugo Sciarretta (ex comandante dei Vigili Urbani e parte offesa in un procedimento penale svincolato da questioni amministrative), procurando così  «un ingiusto profitto allo stesso Sciarretta e a Romanazzi Ruggero, nominato difensore di fiducia, in danno del Comune di Termoli».
 
Insomma, i politici indagati hanno avuto ruoli diversi, come diverse sono le cariche istituzionali che ricoprivano all’epoca dei fatti: semplici consiglieri comunali, assessori regionali, sindaci in qualche caso e addirittura presidenti di Regione. Saranno i magistrati a stabilire le loro effettive responsabilità e a condannarli, eventualmente, per gli errori commessi. Ai molisani resta, per il momento, una sconfortante considerazione di natura ‘sociologica’, e cioè che la ‘classe dirigente’ made in Molise, al di là del codice penale e delle appartenenze partitiche, sembra avvezza a un vizio antico: piegare i diritti dei cittadini (e talvolta le leggi) a proprio vantaggio, moltiplicare i privilegi e garantirsi le clientele proteggendo gli amici e piazzandoli nei posti strategici, a cominciare appunto dai vertici della Asl. E che, per fare questo, si scavalca il merito, si sacrifica l’interesse pubblico, si mandano in rosso i bilanci, si garantisce l’impunità ai trasgressori. Nell’andazzo generale – e questa è la è la sensazione che restituisce la lettura dell’inchiesta – ognuno fa quel che può e lo fa come può: c’è chi fa le interpellanze parlamentari e chi mette una firma in calce a documenti quantomeno ambigui. E c’è chi, semplicemente, non partecipa e si limita a restare in silenzio davanti al compiersi di abusi amministrativi. Poi, ovviamente, c’è chi ottiene un collier di Cartier e chi una patacca cinese. Ma, si sa, ognuno ha il suo prezzo. (mv)
(Pubblicato il 15/11/2008)


Wednesday, October 28, 2015

Caso Saguto: ecco le richieste al Csm del ministro Orlando e del Pg di Cassazione per sospenderla dalla magistratura*******

Caso Saguto: ecco le richieste al Csm del ministro Orlando e del Pg di Cassazione per sospenderla dalla magistratura

Caso Saguto: ecco le richieste al Csm del ministro Orlando e del Pg di Cassazione per sospenderla dalla magistratura
Palazzi & Potere
Passaggi di denaro. Incarichi al marito. Favori per sé e per i figli. Nomine interessate in un quadro di gravi irregolarità amministrative. Tutto elencato nei capi di incolpazione firmati dai massimi vertici della giustizia. Titolari dell'azione disciplinare. In due documenti riservati che ilfattoquotidiano.it è in grado di anticipare. Con la richiesta di congelamento dello stipendio e il collocamento fuori dai ruoli della magistratura dell'ex presidente della sezione del tribunale di Palermo che cura la gestione dei beni confiscati alla mafia
Fuoco incrociato su Silvana Saguto ex presidente della sezione misure cautelari del Tribunale di Palermo al centro dell’inchiesta della procura di Caltanissetta sulla gestione deibeni sequestrati alla mafia. Della questione si occuperà venerdì il Csm che ascolterà a Roma nella stessa giornata il magistrato dopo che il ministro della Giustizia Andrea Orlando e il procuratore generale della Corte di Cassazione Pasquale Ciccolo hanno promosso l’azione disciplinare: il primo in base a sei durissimi capi di imputazione che inducono il ministroa chiedere la sospensione cautelare delle funzioni per la natura delle contestazioni e per “l’oggettiva gravità” dei fatti contestati. L’altro, il pg di Cassazione, per i fatti contenuti in cinque capi d’accusa che si concludono con la richiesta di sospensione dalle funzioni e dallo stipendio e il collocamento fuori dai ruoli della magistratura. Cominciamo dalle accuse di Ciccolo.


SACRA FAMIGLIAUno scenario devastante quello che emerge dai due documenti. E che mette in rilievo, tra l’altro, unospaccato inquietante in cui ivantaggi che venivano corrisposti alla Saguto dovevano servire  anche  “a tamponare la situazione critica in cui versava il suo nucleo familiare a fronte di un tenore di vita tutt’altro che congruo rispetto alleentrate ufficiali”. Solo a titolo di esempio, 750 mila euro risultano destinati al marito Lorenzo Caramma come collaboratore dell’avvocato Gaetano Cappellano Seminaranominato reiteratamente dalla moglie magistrato amministratore giudiziario. E ancora. Lo stesso avvocato “propiziava” un reddito per Elio Caramma, uno dei figli del magistrato. L’altro rampollo,Emanuele, invece, otteneva “l’ingiusta agevolazione negli studi presso l’Università Kore di Enna, agevolazione assicurata anche mediante la redazione da parte di un altro amministratore giudiziario da lei nominato, della tesi di laurea”. Insomma nei documenti riservati di cui ilFattoquotidiano.it è venuto in possesso emerge un quadro con effetti devastanti per la credibilità della stessa magistratura.
PADRI E FIGLI In un passaggio particolarmente delicato ricostruito dal pg di Cassazione viene tirato in ballo anche un ex consigliere del Csm, Tommaso Virga che – questa l’accusa – in cambio della nomina quale amministratore giudiziario delfiglio Walter (“per quanto privo di specifica esperienza professionale al riguardo”) si sarebbe attivato “per la positiva conclusione di un procedimento che la interessava presso il Consiglio superiore della magistratura”.  Poi c’è lastoriaccia dei debiti per 18 mila euro della Saguto con un supermercato i cui acconti di pagamento “venivano effettuati da persona da lei costretta ad adempiere”.
Pubblicità
ATTENTATO IN PRIMA PAGINA Un’altra vicenda tirata in ballo nei suoi capi di imputazione dal pg di Cassazione, riguarda invece il prefetto di Palermo: la Saguto, che aveva la scorta, “la usava per il ritiro presso una lavanderia di un capo di abbigliamento del prefetto, sua amica, cui provvedeva a farlo consegnare”.  E ancora,  i rapporti del magistrato con i giornalistiche si concretizzavano attraverso canali informativi personali riservati o privilegiati: per ottenere la solidarietà dall’Anm“si adoperava affinchè venisse data diffusione della notizia relativa alla presunta pianificazione di un attentato ai suoi danni”.Intratteneva inoltre, aggiunge Ciccolo, strumentalmente rapporti con i giornalisti anche riferendo notizie circa l’esame di collaboratori di giustizia e “manifestando la propria disponibilità a destinare un bene confiscato a sede dell’Assostampa sì da ottenere in cambio interviste e articoli celebrativi”.
GRAVE DEGRADO Ma non basta. Dopo la diffusa elencazione delle incolpazioni, il pg di Cassazione  rileva lapidariamente: “Da queste gravi condotte è derivata una lesione non solo dellacredibilità personale del magistrato ma un danno alla credibilità della giurisdizione che non può sopportare episodi di tale degrado. Si tratta infatti di condotte che, già riprovevoli per ogni magistrato, è arduo perfino concepireche possano avere così a  lungo allignato all’interno di un ufficiole cui centralità e delicatezza nel contrasto alla criminalità mafiosa sono state ingiuriate, specie dalla sua Presidente”. Parole terribili, che trovano eco nei toni drammatici usati anche dal ministro della Giustizia.
BUONI SENTIMENTI E siamo al secondo documento accusatorio. L’incolpazione formulata dal ministro Andrea Orlando si apre con la contestazione della  violazione dei doveri di imparzialità e correttezza “per aver procurato indebiti vantaggi a sé ed a professionisti nominati quali amministratori dei beni sottoposti  a sequestro di prevenzione o amministrazione giudiziaria o autorizzati alla partecipazione ai consigli di amministrazione in procedure di particolare rilievo”. Un‘accusa declinata nel dettaglio e parzialmente sovrapponibile a quelle del pg di Cassazione riguardo alla vicenda dell’ex componente del Csm Tommaso Virga:  il figlio Walter,nominato amministratore in una procedura (Nuova Sport Car) e autorizzato a rivestire la carica di componente del cda in numerose società, aveva assunto, accusa il ministro, come collaboratrice una persona legata sentimentalmente al figlio della Saguto.
RIMETTI I DEBITI E ancora. L’avvocato Gaetano Cappellaro Seminara, rincara Orlando, aveva nominato o comunqueretribuiva quale coadiuvatore in più procedure pendenti anche presso altri tribunali nelle quali era stato nominato amministratore giudiziario, il marito del magistrato “ed interveniva condazioni di denaro a fronte di una situazione di grave indebitamento familiare della stessa dottoressa Saguto”. Con queste condotte – ad avviso del ministro- l’ex presidente della sezione misure cautelari di Palermo agiva, tra l’altro “in danno delle procedure non tenendo conto in via esclusiva degli interessi di queste”. Poi ci sono i fatti contestati tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013 e cioè la firma di decreti di liquidazionedi onorari agli amministratori giudiziari. Anche su questi il ministro non le manda a dire. Si tratta, a suo giudizio, di atti “privi di motivazione ovvero con motivazione apparente”.
GRANDI APPETITI Sempre secondo le accuse di Orlando, la Saguto avrebbe inoltre perseguito “vantaggi impropri caldeggiando l’assunzione o il conferimento di incarichi ad altre persone a lei legate da rapporti di conoscenza e/o amicizia”. Avrebbe affidato “indebitamente ad altri la formazione di provvedimenti giurisdizionali propri del suo ufficio (23 giugno, 9 luglio, 4 agosto 2015). Avrebbe inoltre divulgato notizie riservate (il contenuto di una nota informativa riguardante la revoca di una nomina) e infine “utilizzato e abusato della sua qualità di presidente della sezione del Tribunale “al fine di ottenere ingiusti favori” da un amministratore di un impresa sottoposta ad amministrazione giudiziaria, segnatamente “derrate alimentari”.
SENTENZA AMARA Questi i rilievi del ministro, elencati  sulla base dei fatti accertati dall’indagine della procura di Caltanissetta e “alle iniziali risultanze dell’attività di ispezione parziale da me disposta”. Quadro sconfortante. Scrive infatti il ministro: i fatti per cui sono in corso accertamenti sono di “estrema gravità essendo incentrati sull’abuso della funzione perinteressi privati perseguiti dalla dottoressa Saguto”. E non è neanche finita perché dal documento ministeriale si evince chesono in corso accertamenti in relazione ad ulteriori profili rilevanti in sede penale. Gli elementi raccolti però bastano sin d’ora a stilare l’amara “sentenza” sul magistrato nell’occhio del ciclone. “Indipendentemente dall’esito degli accertamenti di natura penale, le verifiche sin qui condotte riscontrano l’esistenza di gravi irregolarità anche sotto il profilo di carattere amministrativo”, scrive infatti Orlando. Che conclude: “La natura delle contestazioni incentrate sull’uso distorto della funzione giudiziaria per interessi privati, peraltro in un contesto che inevitabilmente investe la credibilità stessa della risposta delle istituzioni al fenomeno mafioso e l’oggettiva gravità dei fatti contestati, mi induce a chiedere la sospensione cautelare dall’esercizio delle funzioni” della Saguto.

Caso Saguto: ecco le richieste al Csm del ministro Orlando e del Pg di Cassazione per sospenderla dalla magistraturaPalazzi & Potere

Passaggi di denaro. Incarichi al marito. Favori per sé e per i figli. Nomine interessate in un quadro di gravi irregolarità amministrative. Tutto elencato nei capi di incolpazione firmati dai massimi vertici della giustizia. Titolari dell'azione disciplinare. In due documenti riservati che ilfattoquotidiano.it è in grado di anticipare. Con la richiesta di congelamento dello stipendio e il collocamento fuori dai ruoli della magistratura dell'ex presidente della sezione del tribunale di Palermo che cura la gestione dei beni confiscati alla mafia
Fuoco incrociato su Silvana Saguto ex presidente della sezione misure cautelari del Tribunale di Palermo al centro dell’inchiesta della procura di Caltanissetta sulla gestione deibeni sequestrati alla mafia. Della questione si occuperà venerdì il Csm che ascolterà a Roma nella stessa giornata il magistrato dopo che il ministro della Giustizia Andrea Orlando e il procuratore generale della Corte di Cassazione Pasquale Ciccolo hanno promosso l’azione disciplinare: il primo in base a sei durissimi capi di imputazione che inducono il ministroa chiedere la sospensione cautelare delle funzioni per la natura delle contestazioni e per “l’oggettiva gravità” dei fatti contestati. L’altro, il pg di Cassazione, per i fatti contenuti in cinque capi d’accusa che si concludono con la richiesta di sospensione dalle funzioni e dallo stipendio e il collocamento fuori dai ruoli della magistratura. Cominciamo dalle accuse di Ciccoloà
SACRA FAMIGLIAUno scenario devastante quello che emerge dai due documenti. E che mette in rilievo, tra l’altro, unospaccato inquietante in cui i vantaggi che venivano corrisposti alla Saguto dovevano servire  anche  “a tamponare la situazione critica in cui versava il suo nucleo familiare a fronte di un tenore di vita tutt’altro che congruo rispetto alleentrate ufficiali”. Solo a titolo di esempio, 750 mila euro risultano destinati al marito Lorenzo Caramma come collaboratore dell’avvocato Gaetano Cappellano Seminaranominato reiteratamente dalla moglie magistrato amministratore giudiziario. E ancora. Lo stesso avvocato “propiziava” un reddito per Elio Caramma, uno dei figli del magistrato. L’altro rampollo,Emanuele, invece, otteneva “l’ingiusta agevolazione negli studi presso l’Università Kore di Enna, agevolazione assicurata anche mediante la redazione da parte di un altro amministratore giudiziario da lei nominato, della tesi di laurea”. Insomma nei documenti riservati di cui ilFattoquotidiano.it è venuto in possesso emerge un quadro con effetti devastanti per la credibilità della stessa magistratura.
PADRI E FIGLI In un passaggio particolarmente delicato ricostruito dal pg di Cassazione viene tirato in ballo anche un ex consigliere del Csm, Tommaso Virga che – questa l’accusa – in cambio della nomina quale amministratore giudiziario delfiglio Walter (“per quanto privo di specifica esperienza professionale al riguardo”) si sarebbe attivato “per la positiva conclusione di un procedimento che la interessava presso il Consiglio superiore della magistratura”.  Poi c’è lastoriaccia dei debiti per 18 mila euro della Saguto con un supermercato i cui acconti di pagamento “venivano effettuati da persona da lei costretta ad adempiere”.
Pubblicità
ATTENTATO IN PRIMA PAGINA Un’altra vicenda tirata in ballo nei suoi capi di imputazione dal pg di Cassazione, riguarda invece il prefetto di Palermo: la Saguto, che aveva la scorta, “la usava per il ritiro presso una lavanderia di un capo di abbigliamento del prefetto, sua amica, cui provvedeva a farlo consegnare”.  E ancora,  i rapporti del magistrato con i giornalistiche si concretizzavano attraverso canali informativi personali riservati o privilegiati: per ottenere la solidarietà dall’Anm“si adoperava affinchè venisse data diffusione della notizia relativa alla presunta pianificazione di un attentato ai suoi danni”.Intratteneva inoltre, aggiunge Ciccolo, strumentalmente rapporti con i giornalisti anche riferendo notizie circa l’esame di collaboratori di giustizia e “manifestando la propria disponibilità a destinare un bene confiscato a sede dell’Assostampa sì da ottenere in cambio interviste e articoli celebrativi”.
GRAVE DEGRADO Ma non basta. Dopo la diffusa elencazione delle incolpazioni, il pg di Cassazione  rileva lapidariamente: “Da queste gravi condotte è derivata una lesione non solo dellacredibilità personale del magistrato ma un danno alla credibilità della giurisdizione che non può sopportare episodi di tale degrado. Si tratta infatti di condotte che, già riprovevoli per ogni magistrato, è arduo perfino concepireche possano avere così a  lungo allignato all’interno di un ufficiole cui centralità e delicatezza nel contrasto alla criminalità mafiosa sono state ingiuriate, specie dalla sua Presidente”. Parole terribili, che trovano eco nei toni drammatici usati anche dal ministro della Giustizia.
BUONI SENTIMENTI E siamo al secondo documento accusatorio. L’incolpazione formulata dal ministro Andrea Orlando si apre con la contestazione della  violazione dei doveri di imparzialità e correttezza “per aver procurato indebiti vantaggi a sé ed a professionisti nominati quali amministratori dei beni sottoposti  a sequestro di prevenzione o amministrazione giudiziaria o autorizzati alla partecipazione ai consigli di amministrazione in procedure di particolare rilievo”. Un‘accusa declinata nel dettaglio e parzialmente sovrapponibile a quelle del pg di Cassazione riguardo alla vicenda dell’ex componente del Csm Tommaso Virga:  il figlio Walter,nominato amministratore in una procedura (Nuova Sport Car) e autorizzato a rivestire la carica di componente del cda in numerose società, aveva assunto, accusa il ministro, come collaboratrice una persona legata sentimentalmente al figlio della Saguto.
RIMETTI I DEBITI E ancora. L’avvocato Gaetano Cappellaro Seminara, rincara Orlando, aveva nominato o comunqueretribuiva quale coadiuvatore in più procedure pendenti anche presso altri tribunali nelle quali era stato nominato amministratore giudiziario, il marito del magistrato “ed interveniva condazioni di denaro a fronte di una situazione di grave indebitamento familiare della stessa dottoressa Saguto”. Con queste condotte – ad avviso del ministro- l’ex presidente della sezione misure cautelari di Palermo agiva, tra l’altro “in danno delle procedure non tenendo conto in via esclusiva degli interessi di queste”. Poi ci sono i fatti contestati tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013 e cioè la firma di decreti di liquidazionedi onorari agli amministratori giudiziari. Anche su questi il ministro non le manda a dire. Si tratta, a suo giudizio, di atti “privi di motivazione ovvero con motivazione apparente”.
GRANDI APPETITI Sempre secondo le accuse di Orlando, la Saguto avrebbe inoltre perseguito “vantaggi impropri caldeggiando l’assunzione o il conferimento di incarichi ad altre persone a lei legate da rapporti di conoscenza e/o amicizia”. Avrebbe affidato “indebitamente ad altri la formazione di provvedimenti giurisdizionali propri del suo ufficio (23 giugno, 9 luglio, 4 agosto 2015). Avrebbe inoltre divulgato notizie riservate (il contenuto di una nota informativa riguardante la revoca di una nomina) e infine “utilizzato e abusato della sua qualità di presidente della sezione del Tribunale “al fine di ottenere ingiusti favori” da un amministratore di un impresa sottoposta ad amministrazione giudiziaria, segnatamente “derrate alimentari”.
SENTENZA AMARA Questi i rilievi del ministro, elencati  sulla base dei fatti accertati dall’indagine della procura di Caltanissetta e “alle iniziali risultanze dell’attività di ispezione parziale da me disposta”. Quadro sconfortante. Scrive infatti il ministro: i fatti per cui sono in corso accertamenti sono di “estrema gravità essendo incentrati sull’abuso della funzione perinteressi privati perseguiti dalla dottoressa Saguto”. E non è neanche finita perché dal documento ministeriale si evince chesono in corso accertamenti in relazione ad ulteriori profili rilevanti in sede penale. Gli elementi raccolti però bastano sin d’ora a stilare l’amara “sentenza” sul magistrato nell’occhio del ciclone. “Indipendentemente dall’esito degli accertamenti di natura penale, le verifiche sin qui condotte riscontrano l’esistenza di gravi irregolarità anche sotto il profilo di carattere amministrativo”, scrive infatti Orlando. Che conclude: “La natura delle contestazioni incentrate sull’uso distorto della funzione giudiziaria per interessi privati, peraltro in un contesto che inevitabilmente investe la credibilità stessa della risposta delle istituzioni al fenomeno mafioso e l’oggettiva gravità dei fatti contestati, mi induce a chiedere la sospensione cautelare dall’esercizio delle funzioni” della Saguto.