Se ne sente parlare solo quando accade qualcosa di grave, quando la sicurezza di un Paese viene messa in dubbio da eventi che spaventano e che minacciano la vita di tutti. Vengono nominati per rassicurarci e farci sapere che loro ci sono e che continuano a svolgere quel lavoro per cui sono pagati, vale a dire proteggerci, ma anche per trovare qualcuno a cui dare la colpa per tutto ciò che è andato storto.
L’opinione pubblica sembra aver diviso i colpevoli degli attentati jihadisti di Parigi del 13 novembre in due categorie: da una parte ci sono gli esecutori materiali, tutte le persone direttamente coinvolte nelle stragi, dai kamikaze che si sono fatti esplodere agli attentatori che hanno premuto il grilletto, fino alla mente dell’operazione: Abdelhamid Abaoud, ucciso nel blitz di Saint-Denis. Dall’altro lato ci sono i servizi segreti francesi, accusati di non aver saputo prevenire una carneficina che per alcuni si sarebbe potuta evitare. L’intelligence francese era infatti stata informata dal governo iracheno riguardo a un potenziale attacco. Il governo turco aveva invece segnalato il profilo di uno degli attentatori Omar Ismail Mostefai, uno degli uomini del Bataclan: era stato in Siria, aveva già commesso dei crimini e aveva avuto in precedenza legami con attività terroristiche. A questo si aggiunge la mancanza di cooperazione tra i servizi segreti europei, da sempre restii a condividere informazioni tra di loro nonostante sia ormai chiaro a tutti che “il problema ISIS” sia situato ben al di fuori dei confini nazionali di uno Stato, sia esso la Siria o la Francia.
Le accuse nei confronti dell’intelligence transalpina hanno rapidamente coinvolto i servizi europei di tutta Europa. Molti gli interrogativi sulla loro reale efficacia e sul loro operato. Come è ovvio che fosse gli strascichi sono arrivati anche in Italia. Le minacce dello Stato Islamico contro il nostro Paese ormai non si contano più e l’imminente inizio del Giubileo aumenta la preoccupazione in merito a possibili attacchi nei confronti del nostro Paese. Più volte nel corso degli ultimi giorni, il ministro dell’Interno Angelino Alfano e il Presidente del consiglio Matteo Renzi hanno rassicurato gli italiani sul fatto che "In Italia il sistema di intelligence e prevenzione funziona”, anzi sarebbe addirittura tra i migliori a livello internazionale. Per implementare le loro funzioni, pochi giorni fa è stato approvato un decreto che estende ai reparti militari impegnati «in situazioni di crisi o di emergenza all'estero», le stesse garanzie legali previste per gli operatori dell'intelligence. Nonostante le ripetute rassicurazioni dei vertici governativi italiani, a far sorgere qualche dubbio sull’effettivo funzionamento dei servizi segreti italiani ci ha pensato Mario Mori, ex direttore generale del SISDE che, nell’ambito di un intervista al quotidiano il Foglio ha dichiarato “Guardi che i servizi segreti in Italia sono stati smantellati”. Il motivo alla base di questa affermazione risiede, secondo Mori in una legislazione contraddittoria “sottoposta agli spasmi dell’opinione pubblica”.
Ma come funzionano i servizi segreti italiani?
Servizi segreti italiani in passato
Le informazioni riguardanti i servizi segreti italiani non solo sono poche, ma nel corso degli anni sono state caratterizzate da numerose ombre che hanno posto più di un dubbio sul loro operato.
A livello generale il loro compito è quello di garantire la sicurezza interna ed esterna e l'incolumità della Repubblica. Molti in passato avranno sentito parlare di SISMI e SISDE, pochi sanno che in realtà non esistono più. Nel 2007 infatti il Governo Prodi varò una legge, la n.124, che ha riformato in maniera sostanziale i servizi segreti italiani in virtù del nuovo contesto storico-politico internazionale. Una realtà totalmente diversa rispetto a quella esistente nel 1977, quando in piena guerra fredda, venne attuata la precedente riforma del settore. La legge di 38 anni fa prevedeva infatti l’esistenza di due servizi segreti differenti: il Servizio segreto di informazione militare (SISMI) alle dipendenze del ministero della Difesa e il Servizio Segreto di informazione civile (SISDE) guidato dal ministero degli Interni. Il primo si occupava principalmente dei “problemi” internazionali, il secondo di contrasto al “terrorismo” e all’eversione. Il controllo di Governo e Parlamento su entrambi rami dell’intelligence era però piuttosto limitato.
I servizi segreti italiani oggi: CISR, DIS, AISE, AISI
La legge dell’agosto del 2007 stabilì la nascita di un "sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica" composto da:
- - Presidente del Consiglio dei ministri
- - Autorità delegata
- - Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica(CISR)
- - Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS)
- - Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE)
- - Agenzia informazioni e sicurezza interna (AISI)
La norma ha in primis ampliato il controllo del Presidente del Consiglio sull’intelligence italiana. Il Premier ha infatti il compito di nominare i direttori e i vicedirettori di ogni agenzia, coordinare le politiche dell’informazione per la sicurezza, impartire direttive e, sentito il CISR, emanare le disposizioni utili ad organizzare l’intero sistema.
Per quanto riguarda i vari enti, la riforma del 2007 comportò delle modifiche importanti : l’AISI sostituì il SISDE, l’AISE, il SISMI, il DIS prese il posto del CESIS e il COPASIR (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica formato da 5 senatori e 5 deputati) del COPACO. Infine venne istituito il CISR, organo dotato di ampi poteri alla diretta dipendenza del Presidente del Consiglio e formato dai ministri: degli Interni, della Difesa, della Giustizia, dell’Economia. Il segretario è il direttore del DIS.
Parlando della “gerarchia”, a capo di tutto, come precedentemente affermato, vi è il Premier che tuttavia può delegare le funzioni che non gli sono attribuite in via esclusiva a un’Autorità delegata. Quest’ultima fa parte del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR) “un organismo di consulenza, proposta e deliberazione sugli indirizzi e le finalità generali della politica dell’informazione per la sicurezza”. Scendendo nella scala gerarchica troviamo il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS) che un compito di coordinamento, di analisi strategica di intelligence, nonché di gestione unitaria delle risorse umane e materiali a disposizione dell’intero comparto. L’organo ricopre inoltre un ruolo di vigilanza sul l'attività di AISE e AISI e di tutela amministrativa del segreto di Stato .
Parlando delle agenzie, come detto in precedenza, la norma stabilì la nascita dall’AISI, Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna attualmente diretta dal Generale Arturo Esposito, e dell’AISE, Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna guidata da Alberto Manenti. L’impianto passò così da una differenziazione strutturale (civile e militare) a una su base territoriale, così come avviene in USA (CIA; FBI e NSA), Israele (Mossad e Shin Bet) e Regno Unito (MI6 e MI5). Sono le due agenzie che si occupano della sicurezza dal punto di vista operativo.
I servizi segreti possono compiere reati?
Gli agenti dei servizi segreti sono tutelati da una serie di garanzie funzionali che includono la possibilità di compiere una serie di reati a condizione che essi siano commessi per una “speciale causa di giustificazione”, siano indispensabili alle finalità di intelligence e previa autorizzazione del Presidente del Consiglio o dell’Autorità delegata. In base all'art. 17 secondo comma della legge 124/2007 « La speciale causa di giustificazione di cui al comma 1 non si applica se la condotta prevista dalla legge come reato configura delitti diretti a mettere in pericolo o a ledere la vita, l'integrità fisica, la personalità individuale, la libertà personale, la libertà morale, la salute o l'incolumità di una o più persone»: i servizi segreti italiani, insomma, non hanno licenza di uccidere. Da sottolineare che tra le "operazioni autorizzate" sono espressamente esclusi gli atti illegali in uffici di partiti politici, organi amministrativi regionali, sedi di sindacati , o in danno di giornalisti professionisti. La complicità in reati è autorizzabile, ma non per falsa testimonianza , occultamento di prove o nel caso in cui esista l’intenzione di fuorviare le indagini.